La Chiesa cattolica chiede alla Slovenia anche il Parco nazionale del Triglav
Beni nazionalizzati: l’Arcidiocesi di Lubiana ha già ricevuto 22,6 milioni di indennizzo. Ma il contenzioso non è chiuso

LUBIANA Una telenovela giudiziaria che sembra non finire mai: è quella tra lo Stato della Slovenia e l’Arcidiocesi di Lubiana per la restituzione dei boschi nazionalizzati all’epoca di Tito e per i relativi risarcimenti dei danni subiti causa il mancato utilizzo del bene immobile (ovvero lo sfruttamento per il legname). I boschi sloveni, infatti, alla caduta della Jugoslavia passarono fra le proprietà dello Stato sloveno: nel periodo pre-titino erano di proprietà della Chiesa (gran parte, non tutti ovviamente) e furono statalizzati proprio dal regime del Maresciallo. L’indennizzo per tale “esproprio proletario” è stato sancito in Slovenia con la legge del 7 dicembre 1991 e perciò si parla di de-nazionalizzazione (nel passaggio dalla Jugoslavia alla Slovenia).
Va subito detto che l'arcidiocesi di Lubiana, che ha già ricevuto la cifra record di 22,6 milioni di euro a causa delle lunghe procedure di denazionalizzazione e dell'impossibilità di sfruttare le foreste di Pokljuka e Mozira, continua a chiedere allo Stato 1,3 milioni di euro per le foreste della Gorenjska, esclusi gli interessi di mora e le spese processuali.
Insiste anche sul ritorno di gemme naturali quali la cascata Savica, la fascia costiera del lago di Bohinj e la valle dei laghi del Triglav. Quest'ultimo contenzioso deve essere deciso da un tribunale amministrativo. «Nessuna procedura amministrativa dovrebbe durare 31 anni, in particolare le procedure di denazionalizzazione volte a riparare le ingiustizie e a restituire le proprietà confiscate ingiustamente», ha criticato l'arcidiocesi di Lubiana. L'unità amministrativa di Radovljica, sul cui territorio l'arcidiocesi ha chiesto la restituzione di 21.000 ettari di terreno, di cui 15.000 nel Parco nazionale del Triglav, è stata accusata in passato di passività.
Il capo Maja Antonič risponde alle critiche, sostenendo che si tratta di casi complessi con più di 2.000 faldoni per i quali la situazione giuridica e fattuale doveva essere chiarita. Finora sono state portate a termine 85 istruttorie, tanto per chiarire la lentezza del sistema, anche perché la Chiesa ha presentato ricorso contro una decisione emessa nel gennaio 2022 dall'unità amministrativa di Radovljica che non ha restituito - per la seconda volta - una parte dell'area della valle dei laghi del Triglav.
Il motivo per cui l'unità amministrativa basa la sua decisione è un importante punto di svolta in questa lunga storia di denazionalizzazione. Si riferisce al fatto che la proprietà richiesta non può essere restituita perché il Reich tedesco aveva sottratto all'arcidiocesi di Lubiana già nel 1941 i boschi e le aree in questione.
Il che significa che al momento della denazionalizzazione la Chiesa non ne era affatto proprietaria. Radovljica è convinta che la Chiesa debba quindi chiedere la restituzione sulla base della legge sulla denazionalizzazione dei beni che i proprietari hanno dovuto lasciare durante l'occupazione e dei beni sottratti loro dalle forze di occupazione tedesche e fasciste, e non, come ha fatto l'arcidiocesi di Lubiana, sulla base della legge sulla denazionalizzazione dei beni sottratti dalla ex Jugoslavia. L'arcidiocesi ha presentato ricorso contro la decisione al ministero dell'Agricoltura, delle Foreste e dell'Alimentazione, ma poiché il ministero non lo ha accolto si è rivolta al Tribunale amministrativo.
Anni fa, l'arcidiocesi di Lubiana aveva proposto allo Stato che le venisse restituita solo la nuda proprietà, mentre il Parco nazionale del Triglav rimaneva tale, rinunciando al risarcimento per l'impossibilità di utilizzare queste proprietà. Ma lo Stato ha respinto la proposta senza fornire Spiegazione. —
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