Stallo totale in Kosovo: niente fiducia per Kurti, si va verso le elezioni

Dopo mesi trascorsi per designare il presidente della Camera il premier incaricato non ottiene dall’aula i voti per governare: cosa sta succedendo

Stefano Giantin
Il Parlamento di Pristina, capitale del Kosovo
Il Parlamento di Pristina, capitale del Kosovo

Dopo le inconcludenti elezioni di febbraio, mesi e mesi di stallo totale. Poi, nelle scorse settimane, finalmente una fumata bianca che appariva risolutiva – l’elezione del presidente e dei vicepresidenti del Parlamento – passo che ha spianato la strada all’avvio delle consultazioni per il nuovo governo.

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La redazione
Elettori in attesa di poter esprimere il proprio voto in un seggio a Mitrovica nord. Foto EPA / GEORGI LICOVSKI

Ma un altro stop, si teme definitivo, potrebbe far precipitare il Kosovo in una gravissima crisi politica e istituzionale. Il paese balcanico rischia di rimanere impantanato in una palude, senza un governo in carica anche nei prossimi mesi, prima che si torni alle urne per il voto anticipato, con le relative negative ricadute, in particolare sull’importante dialogo con Belgrado.

È l’effetto delle ultime evoluzioni a Pristina. La più significativa, il flop incassato in Parlamento dal premier uscente, Albin Kurti, incaricato dalla presidente Vjosa Osmani di formare il nuovo governo. Una scelta obbligata dato che il partito di Kurti, Vetevendosje (sinistra nazionalista), era uscito vincitore al voto di febbraio, senza tuttavia ottenere la maggioranza assoluta.

I voti incassati alle urne da Kurti, tradottisi in 48 seggi in Aula, si sono inevitabilmente riflessi in Parlamento: solo 56 deputati hanno sostenuto un nuovo governo retto dal leader di Vetevendosje, cinque in meno della maggioranza richiesta; 52 hanno votato contro, quattro gli astenuti.

«In questi sei mesi gli sforzi di formare una maggioranza non hanno prodotto risultati, malgrado il nostro forte impegno, ma nessun partito» presente in Parlamento «ha accettato di entrare in un governo di coalizione», ha dovuto ammettere Kurti davanti ai deputati.

Visti i numeri al primo tentativo, la palla passa «alla presidente Osmani», ha allora precisato il neo-presidente del Parlamento, Dimal Basha, specificando che, secondo la Costituzione, il capo dello Stato ha una decina di giorni per dare l’incarico a un nuovo potenziale primo ministro.

Ma è difficile che qualcuno accetti. Memli Krasniqi, leader del Partito democratico del Kosovo (Pdk, centrodestra, 24 seggi), arrivato secondo alle urne, ha infatti già suggerito che per il Pdk l’opzione migliore è il voto anticipato.

Di certo, il no a Kurti in Parlamento «segna la fine di un inganno politico che è costato mesi di divisioni, isolamento e tempo buttato», ma almeno «Kurti non sarà più premier del Kosovo», ha liquidato così la delicata faccenda Krasniqi.

Kurti «ha bloccato l’intero Stato per otto mesi» e l’unica via di uscita dallo stallo «sono le elezioni anticipate», ha fatto eco anche il leader della Lega democratica del Kosovo (Ldk, centrodestra, 20 seggi), Lumir Abdixhiku, che ha accusato Kurti di aver violato la Costituzione. Addebiti che sono stati rispediti al mittente da Kurti, che ha a sua volta accusato l’opposizione di non avergli dato una chance per continuare il suo lavoro.

Di certo, tenuto conto dei rapporti di forza in Parlamento, appare ormai chiaro a tutti che il Kosovo potrebbe dover fronteggiare due elezioni importantissime, tra la fine dell’anno e il 2026, ossia nuove parlamentari anticipate e le presidenziali, dato che il mandato della presidente scade ad aprile.

Incombe tuttavia il rischio che il Parlamento torni a essere bloccato, tenuto conto che «non ci saranno grandi cambiamenti nella distribuzione dei seggi», la previsione del politologo Agon Maliqi. Le urne sono però «la via più credibile per uscire dalla crisi», l’opinione del think tank Kosovo Democratic Institute (Kdi).

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