Il Kosovo torna alle urne il 28 dicembre: Osmani scioglie la Camera

La presidente prende atto del doppio tentativo fallito di votare il nuovo governo. Il Paese al voto dopo mesi di stallo, ma si rischia un altro flop

Stefano Giantin
L’Assemblea nazionale del Kosovo nel corso di una seduta in una foto d’archivio
L’Assemblea nazionale del Kosovo nel corso di una seduta in una foto d’archivio

Una legislatura partita col piede sbagliato, a causa dei numeri non decisivi usciti dalle urne. E proseguita ancora peggio, con mesi di stallo sulla scelta del presidente dell’Assemblea nazionale. Poi due tentativi falliti di formare un nuovo governo. Infine, la scelta obbligata: “eutanasia” del Parlamento e conseguente ritorno alle urne.

È lo scenario che si è concretizzato in Kosovo, impelagato in quella che è ormai a tutti gli effetti la più grave crisi politica e istituzionale dall’indipendenza a oggi.

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La redazione
Il Parlamento di Pristina, capitale del Kosovo

La conferma è arrivata dalla presidente kosovara, Vjosa Osmani, che ha stabilito per decreto lo scioglimento del Parlamento di Pristina, mossa che spiana la strada all’indizione di nuove elezioni politiche anticipate. E Osmani, senza perder tempo, ha anche fissato la data in cui gli elettori kosovari saranno richiamati alle urne. È il 28 dicembre, scelta fortemente sostenuta dal partito di maggioranza, Vetevendosje e «l’unica possibile», ha spiegato ieri il capo di Stato Osmani.

La decisione della presidente era dovuta, ha spiegato la stessa Osmani, rifacendosi alla Costituzione, secondo cui «dopo due tentativi» falliti di formare un governo si deve tornare alle urne. È proprio quello che è successo a Pristina, nel giro di poche settimane.

Il primo buco nell’acqua, com’era nelle attese, è stato registrato a fine ottobre, quando la nuova squadra di governo formata dal premier in pectore, Albin Kurti, leader del maggior partito in Kosovo, Vetevendosje, non aveva incassato la fiducia. Vetevendosje ci ha riprovato, questa settimana, proponendo in questo caso come premier Glauk Konjufca. L’esito è stato speculare al primo, con soli 56 voti a favore del gabinetto Konjufca, cinque in meno della maggioranza richiesta, perché nessun partito di minoranza si è offerto di fare da stampella.

«Il 2025 sarà ricordato» come un anno «perso» nel vano tentativo di «eleggere le nostre rappresentanze costituzionali, Parlamento e governo», ha commentato sconsolato Konjufca dopo il secondo flop. «Le opposizioni per più di nove mesi hanno eretto barricate contro Kurti, senza offrire un’alternativa», la lettura di Vetevendosje.

Completamente opposta la campana della minoranza, che accusa Kurti e Konjufca di aver messo in agenda un secondo voto, completamente inutile, solo per «addossare la colpa alle opposizioni». Ma era già chiaro prima del flop di Konjufca che è arrivato il momento «di avere elezioni libere e democratiche», sottolinea la Lega democratica del Kosovo (Ldk).

Le nuove elezioni rischiano tuttavia di non risolvere l’impasse, hanno segnalato politologi e analisti. Vetevendosje, infatti, dopo aver perso la maggioranza assoluta al voto di febbraio, potrebbe risultare nuovamente vincente alle urne, senza tuttavia avere i numeri per formare il governo. 

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