Il Kosovo mantiene le promesse con gli Usa: accolti i primi stranieri “indesiderati” da Trump
Svolta sul tema migranti: Pristina ha deciso di ospitarne alcuni inviati da Washington. Kurti: «Gesto di rispetto verso i nostri alleati»

Una frase buttata là durante una conversazione con una televisione privata, pronunciata come se si trattasse di cosa banale o di un fatto secondario. Invece, si parla di una svolta dirompente, per i Balcani e per l’Europa, perché per la prima volta un Paese europeo decide di dare una mano ai controversi piani anti-migranti del presidente Donald Trump. Paese, il Kosovo, che ha mantenuto le promesse fatte nei mesi scorsi a Washington e ha già accettato, in tutta segretezza, i primi stranieri: quegli “indesiderati” di cui gli Stati Uniti si vogliono sbarazzare, spedendoli senza troppi complimenti in Paesi terzi che accettino di accollarsene il peso. Misura controversa, che tuttavia ora anche l’Ue potrebbe copiare. Paesi terzi tra cui c’è ora ufficialmente il Kosovo.
Ad annunciare il passo è stato il premier Albin Kurti, in carica per gli affari correnti dopo le inconcludenti elezioni di febbraio e fino al voto anticipato in programma il prossimo 28 dicembre. «Accettiamo coloro che gli Stati Uniti non vogliono sul loro territorio», ha detto il leader del maggior partito kosovaro, Vetevendosje, in un’intervista all’emittente Kanal 110. Poi, ha svelato che i primi sono già atterrati a Pristina. «Uno o due sono già arrivati», ha annunciato Kurti, senza tuttavia fornire maggiori dettagli.
La cosa certa è che si tratta di un passo importante, che va a concretizzare gli impegni presi dal gabinetto Kurti lo scorso giugno. Quella volta, ricordiamo, Pristina aveva annunciato che, in segno di «eterna gratitudine» per il sostegno offerto da Washington alla causa del Kosovo dal 1999 a oggi, il Paese avrebbe accolto sul suo territorio fino a cinquanta stranieri espulsi dagli Usa, per poi facilitarne in qualche modo il rimpatrio nei loro Paesi d’origine.
Unica condizione per accettare gli espulsi, verifiche su «criteri relativi allo stato di diritto e all’ordine pubblico», mentre per i migranti cacciati dagli Usa varranno in Kosovo i «diritti stabiliti dalla legge», aveva anticipato Kurti a giugno.
Ma perché accettare gli indesiderati? I critici di Kurti avevano suggerito di leggere il passo come una via per ammorbidire Washington, storico alleato del Kosovo, ma che negli ultimi mesi ha – e di molto – irrigidito i rapporti con Pristina a causa delle posizioni spesso intransigenti e provocatorie di Kurti, in particolare verso la minoranza serba.
Il premier ad interim, da parte sua, aveva giurato che il Kosovo avrebbe aperto le porte ai migranti cacciati dagli Usa solo per rispetto verso «i nostri solidi partner». Kosovo che, con l’arrivo dei primi stranieri espulsi dagli Usa, si aggiunge alla lista ufficiosa, finora poco consistente, dei Paesi che hanno deciso di dare una mano a Trump.
Sull’elenco ci sarebbero nazioni come El Salvador, Costa Rica, Panama, Eswatini, Ruanda, Sud Sudan, Uganda e Belize. Washington aveva tuttavia provato, secondo voci circolate in primavera, a convincere anche altri Paesi balcanici a dare una mano. Ma nessuno, a parte il Kosovo, ha tuttavia finora dato disponibilità. Anche Londra ha evocato soluzioni simili, leggi hub per migranti, nei Balcani – trovando porte aperte, sulla carta, ancora una volta solo a Pristina. Kosovo che è all’avanguardia anche su un altro fronte: riguarda l’ammissione di centinaia di carcerati finora ospitati dalle prigioni della Danimarca, che saranno trasferiti in luoghi di detenzione in Kosovo in cambio di poco più di 200 milioni di euro. —
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