Inflazione e caro prezzi: ungheresi e croati fanno la spesa in Slovenia
Le località di confine vedono arrivare sempre più numerosi clienti magiari attratti dalla prospettiva di esborsi più contenuti

TRIESTE Non è certo paragonabile alla calata, negli anni Settanta, degli jugoslavi al Ponterosso di Trieste, dove facevano incetta di jeans, maglieria e caffè. Con le donne che vestivano l’uno sopra l’altro diversi capi di abbigliamento per sfuggire ai controlli di dogana. Più difficile era nascondere il caffè che emanava il suo forte odore caratteristico. Per cui i pacchi o venivano nascosti nel profondo di buste stracolme oppure si mimetizzavano nel bagagliaio dove sedeva un cane che con il suo odore sovrastava quello del caffè.
Ma sta di fatto che i diversi livelli dell’inflazione stanno determinando in queste ore il fenomeno dei “migranti della spesa”, e il tutto tra Paesi dell’Ue. E così, mentre gli sloveni si recano sempre più spesso in Italia per fare acquisti, gli ungheresi vanno in Slovenia. Se l'inflazione a Lubiana sta in qualche modo diminuendo, il vicino magiaro, con un tasso di inflazione annuo che ha raggiunto quote oltre il 24% ad aprile, è tristemente al primo posto tra gli Stati membri dell'Ue. L'aumento dei prezzi dei beni di consumo sta spingendo i residenti a prendere contromisure.
Al mattino davanti a uno dei negozi di Lendava, località slovena al confine con l’Ungheria, ci sono sempre più auto con targa ungherese. «Anche da loro tutto è diventato molto costoso, quindi vengono da noi. Se non ne valesse la pena non verrebbero. Ma ce ne sono molti», osserva uno dei residenti. Nel frattempo, i nuovi arrivati affermano che i prezzi sloveni sono più bassi e la qualità dei prodotti è migliore. «Non è lontano da casa, vengo qui ogni settimana», dice uno dei clienti ungheresi, «va tutto bene e costa meno che in Ungheria».
Ma ci sono anche cittadini croati che ritengono che valga la pena effettuare un acquisto più consistente in Slovenia. «In Croazia avrei pagato 70 euro, ma qui ne ho spesi 30», dice un croato, il quale sostiene che «qui (in Slovenia ndr.) è molto più economico». Non siamo molto distanti e la differenza per alcune cose supera anche il 30% o più, aggiunge il residente della Croazia. «Se confronto Croazia, Slovenia, l'Ungheria è attualmente la più costosa», dice una massaia.
E se i prezzi del carburante sono ancora sopportabili, la situazione è diversa con gli importi sempre più elevati che devono essere detratti per i generi alimentari di base. Il prezzo del cibo è aumentato di quasi il 40% in un anno. «Gli stipendi crescono, ma non in proporzione ai prezzi», dice una donna del posto. Con un'inflazione annuale ad aprile - come detto - superiore al 24%, l'Ungheria batte da tempo tutti i record. Il primo ministro ungherese Viktor Orban attribuisce responsabilità all'Unione europea, che, a causa dell'aumento dei prezzi dell'energia a seguito delle sanzioni contro la Russia, ha “infettato” l'Ungheria con la «malattia dell'inflazione».
Il rapido aumento dei prezzi dei prodotti alimentari nei negozi è però un fenomeno anche sloveno e ha un forte impatto sull'inflazione, colpendo allo stesso tempo i gruppi socialmente più vulnerabili della popolazione. Lo stesso governo potrebbe decidere di fare un passo: potrebbe ridurre l'Iva almeno per i prodotti alimentari di base.
Pertanto, non c'è da meravigliarsi se c’è anche chi fa acquisti nei negozi più vicini in Italia. Ogni giorno ci sono auto slovene e croate nel parcheggio di un supermercato di Rabuiese, non lontano dal valico di Scoffie, dove si notano anche auto con targa di Lubiana e di altre località slovene. —
Riproduzione riservata © il Nord Est