Crescono le rimesse degli emigranti affluiti in Serbia 5 miliardi in un anno

BELGRADO. La crisi energetica morde, l’inflazione prosciuga le tasche dei cittadini, le economie arrancano, in particolare per effetto della guerra in Ucraina. Ma prezioso ossigeno - che arriva ancora una volta dall’estero - aiuta ad andare avanti. E in certi casi supera addirittura gli investimenti diretti stranieri.
Parliamo delle rimesse degli emigranti, che dopo il rallentamento nel 2020 in coincidenza con il Covid e una prima ripresa nel 2021, l’anno scorso hanno registrato un vero boom in ampie parti dei Balcani, una ventata d’aria fresca in Paesi comunque messi in difficoltà dalle nuove acute crisi. Paesi come la Serbia, che secondo dati ufficiali ha totalizzato più di 5 miliardi di euro di rimesse da oltre confine nel 2022, il dato più alto negli ultimi 16 anni. Per la precisione - ha reso noto la Banca nazionale serba - tra Novi Sad, Belgrado e Nis sono affluiti 5,03 miliardi di euro, il 38,3% in più rispetto al 2021, con i denari provenienti dalla Germania (27%) a guidare la classifica, seguiti dai risparmi di emigrati in Svizzera (14%), Austria (11%), Francia e Usa (6%).
Cinque miliardi sono tanti. Ma l’ammontare assume ancora maggiore valenza se si pensa che le rimesse hanno superato per quantità persino gli investimenti esteri, che l’anno scorso avevano toccato cifre record in Serbia, unico Paese dei Balcani a rimanere aperto anche a investimenti dalla Russia e toccato da una fortissima emigrazione da Mosca e San Pietroburgo. Come spiegare il boom delle rimesse? Lo ha fatto direttamente la Banca di Serbia, che ha evidenziato vari elementi. Il primo e più importante, che «le rimesse normalmente aumentano in periodi di crisi, incertezza e tensioni geopolitiche». E in frangenti del genere, i “Gastarbeiter” andati all’estero, Germania in testa, si mobilitano e «aiutano in maniera più consistente i membri della loro famiglia rimasti in patria». Ma un peso lo avrebbero avuto i tanti russi che «hanno preso residenza in Serbia» e che avrebbero fatto affluire ingenti somme dalla madrepatria. La cosa certa è che le rimesse hanno pesato per il 7% del pil serbo l’anno scorso.
Ma non è solo la Serbia a sentirsi rinfrancata. Anche il Kosovo ha superato l’anno scorso quota 1,2 miliardi di euro di rimesse, +5,1% su base annua, una cifra superiore quasi del doppio rispetto agli investimenti stranieri a Pristina. Non ci sono dati ancora definitivi per quanto riguarda invece un’altra nazione di forte emigrazione, l’Albania, dove però la tendenza appare simile a quella di Belgrado e Pristina, con un +8% registrato nei primi nove mesi dell’anno scorso, dopo l’anno-record 2021, quando a Tirana era arrivato oltre un miliardo di euro dall’estero, in buona parte dall’Italia (25%). Stesso discorso per la Bosnia, dove solo fino a settembre 2022 sono stati trasferiti 2,6 miliardi di euro e dove il 10% del denaro in circolazione proviene dagli emigranti con un 10% abbondante dell’economia è sostenuta dalle rimesse. Scenario speculare in Macedonia del Nord, che già nel 2021 aveva registrato un +44% di arrivi di denaro dall’estero, tornando ai livelli pre-crisi.
Ma c’è anche un’altra faccia della medaglia. Se le rimesse arrivano è perché milioni di cittadini di origine balcanica sono stati costretti a emigrare negli ultimi decenni a causa di guerre e crisi in cerca di un futuro migliore, depauperando però i Paesi della regione della loro migliore gioventù. L’Albania è fra gli esempi più evidenti, con 700mila partiti nell’ultimo decennio. Lo stesso anche da Bosnia, Serbia e Macedonia, dove intere famiglie continuano a emigrare. Ed è un fenomeno inarrestabile.
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