In novembre il referendum sul raddoppio della centrale nucleare di Krško

Al Parlamento mozione congiunta di maggioranza e opposizione. Solo la sinistra di Levica si sfila dalla richiesta
Stefano Giantin
La centrale nucleare di Krsko
La centrale nucleare di Krsko

LUBIANA Si può discutere e litigare su tutto, ma almeno su un tema c’è totale unità d’intenti o quasi: il nucleare. Ed è proprio l’atomo il trait d’union fra le forze politiche in Slovenia, che siano di maggioranza o di opposizione. Lo ha confermato una mozione congiunta presentata al Parlamento di Lubiana dal Movimento Libertà del premier Robert Golob e dai suoi alleati, i Sociademocratici (Sd), ma anche dall’Sds dell’ex premier Janez Janša e Nuova Slovenia (NSi), oggi all’opposizione. Con la mozione si chiede di indire un referendum sul nuovo reattore a Krško, una consultazione popolare dagli esiti sembra scontati - almeno secondo i sondaggi - da mettere in agenda già nella seconda metà di novembre di quest’anno. Gli unici scettici - ma più che altro sui modi, non sulla sostanza - sono i parlamentari di Levica (Sinistra), parte della coalizione che sostiene l’esecutivo.

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La richiesta unitaria è stata possibile dopo che l’Sds ha accettato di ritirare una sua proposta separata, presentata già a metà gennaio, proprio a favore del referendum, spianando invece la strada all'attuale mozione bipartisan, di grande valore politico e simbolico. «Affrontiamo questo tema insieme», maggioranza e opposizioni, perché «crediamo sia un progetto per l’intero Paese e per svariate future generazioni: non c’è spazio per divisioni tra sinistra e destra su questo», ha così spiegato Nataša Avšić Bogović, deputata del Movimento Libertà e numero uno della commissione parlamentare slovena su Infrastrutture, Ambiente e Pianificazione. Parole che fanno il paio con quelle del premier Golob, che ha descritto l’iniziativa congiunta a favore del referendum come un fatto positivo e importante, che conferma che in Slovenia si considera Krško 2 come un «progetto strategico che va oltre i partiti» e i governi di diverso colore; una lettura condivisa anche dall’ex numero uno di lungo corso di Nek, il gestore di Krško, Stanislav Rozman.

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La riunione tenutasi a Lubiana (foto da gov.si)

Entusiasta per la mossa fatta in Parlamento anche la Camera del Commercio e dell’Industria (Gzs), che ha lodato soprattutto la tempistica con cui si calendarizzerà il referendum. «Prima di imbarcarci in un progetto di così lunga durata e costoso, è necessario consultare l’opinione pubblica», ha spiegato la direttrice generale della Gzs, Vesna Nahtigal. Non solo. Dato che «sempre più Paesi in Europa pianificano nuove centrali nei prossimi dieci anni e il numero dei fornitori» della tecnologia e dei costruttori «è limitato, ci sarà una lunga coda» prima che il motore di Krško 2 possa ingranare, ed è dunque meglio partire per tempo, ha aggiunto Nahtigal.

Non la pensano così però gruppi di attivisti per il clima come i giovani “Mladi Za Podnebno Pravicnost”, che hanno suggerito che un referendum non avrebbe senso ora, senza che si conoscano tutti i dettagli del progetto. Sulla stessa linea Levica, che ha deciso di non sostenere la mozione perché la risoluzione sull’energia nucleare, a cui fa riferimento il futuro referendum, non è ancora arrivata all’attenzione del Parlamento. E soprattutto perché non si sa nulla di ufficiale né sui costi di costruzione – anche se le stime parlano di dieci miliardi di euro - né sulla potenza futura di Krško 2 e tantomeno sul prezzo dell’energia che sarà prodotta da un impianto che, ricordiamo, andrà a sostituire la “Krško 1” in attività dall’ormai lontanissimo 1983.

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