Balcani a rischio climatico: ecco quale sarà l’impatto sull’economia
La Banca mondiale: entro il 2050 il Pil crollerà fino al -16% per il climate change. Temperature alte, precipitazioni e inondazioni grave pericolo per tutta la regione

Il 16% in meno in Serbia, il 14% in Bosnia-Erzegovina, l’8% in Montenegro, il 7% in Albania e “solo” il 4% in Kosovo e Macedonia del Nord. Sono le proiezioni sul calo del prodotto interno lordo, nel 2050, per i paesi balcanici presi in esame. Cali che non saranno determinati da guerre, geopolitica e crisi sistemiche, ma causati da un problema reale: il riscaldamento climatico.
È la fosca previsione fatta da fonte autorevole, la Banca mondiale, che in questi giorni ha reso pubblico un nuovo rapporto dedicato alle economie della regione. Economie che, quest’anno, «resisteranno» malgrado «l’incertezza sui mercati globali» causata dall’avvento di Trump, dalla guerra in Ucraina e dai nuovi conflitti commerciali, l’elogio della Banca, che ha parlato di una crescita al 3,2% nel 2025 per i sei paesi dell’area, solo lo 0,5% in meno rispetto alle precedenti proiezioni. Ma questo è il presente.
Fra vent’anni o poco più, i Balcani dovranno affrontare infatti questioni ben più serie. E non appaiono pronti. Questioni, appunto, come il “climate change”, che nella regione dovrebbe fare più male che in altri luoghi del pianeta. Lo ha suggerito ad esempio il Joint Research Centre (Jrc) della Commissione europea che, nel 2024, che ha posto l’accento sulla crescente frequenza e intensità di eventi meteorologici estremi nei Balcani, come siccità, ondate di calore e incendi boschivi.
E ora la Banca mondiale conferma il quadro. Secondo il nuovo rapporto, infatti, basato anche su un precedente studio dell’anno scorso, da qui al 2050 sarà allarme rosso nell’area per «i giorni con calore estremo», per un possibile crollo dei «raccolti di mais», per la percentuale di «popolazione esposta al rischio inondazioni».
È l’agricoltura, fra tutti, il comparto più a rischio, un settore che dà impiego al 35% della forza lavoro in Albania, 17% in Bosnia, 13% in Serbia e che sarà «il più vulnerabile agli shock» causati dai cambiamenti climatici, che avranno una ricaduta anche «sulla produzione di energia elettrica» generata dall’acqua «a causa della diminuzione» delle precipitazioni e «degli incendi boschivi che possono danneggiare la rete», ha avvertito la Banca.
Il report cita anche altri studi, non suoi, per corroborare il quadro. Come quelli dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), che ha evocato un serio impatto del climate change «sui lavoratori» stessi, con un aumento dei rischi di incidente, giorni persi per il troppo caldo e così via.
È già successo, con 33.500 ore/lavoro perse in Bosnia durante le alluvioni del 2014, 52 mila posti svaniti in Serbia per la stessa ragione. O come il Western Balkans County Climate and Development Report (Ccdr), che ha segnalato che gli “hotspot” più a rischio causa clima impazzito saranno – anzi, lo sono già – le aree rurali e montane nella regione, già di per sé segnate «da più vulnerabilità socio-economiche» delle grandi città.
Come accade ovunque, «gli impatti negativi ricadranno in gran parte sui poveri e i vulnerabili», ha evidenziato la Banca. Le prove di questo non mancano. Il terremoto in Albania del 2019 ha aumentato il tasso di povertà del 2,3% nelle aree colpite. E le terribili inondazioni in Serbia, nel 2014, hanno ridotto in miseria 125 mila persone. Ma il futuro potrebbe essere assai più fosco anche dei più cupi episodi del recente passato.
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