Gli Usa offrono aiuto alla Slovenia nel percorso verso il nucleare

L’ok di Washington che offrirà assistenza tecnica e consulenza per il progetto Phoenix dedicato ai piccoli reattori

Stefano Giantin
UN MINI REATTORE
UN MINI REATTORE

BELGRADO Nucleare? Nessun dubbio, almeno a Lubiana, che sia quella la via da seguire; e un referendum quest’anno dovrebbe confermare la rotta. Ma non c’è solo l’atomo “tradizionale”, che in Slovenia è sinonimo di Krško e della futura Krško 2.

C’è pure una tecnologia innovativa, che piace sempre di più in particolare nell’Europa orientale. E ora anche la Slovenia ci pensa seriamente, con gli Stati Uniti, all’avanguardia nel settore, che scendono in campo per dare una mano a concretizzare il visionario, ambizioso progetto.

Tecnologia innovativa

La tecnologia è quella dei cosiddetti “small modular reactor” (piccoli reattori modulari o Smr), e potrebbe sbarcare anche nella vicina Slovenia con l’aiuto di Washington.

Jamie Harpootlian AMBASCIATRICE USA IN SLOVENIA
Jamie Harpootlian AMBASCIATRICE USA IN SLOVENIA

Lo ha reso noto l’ambasciatrice americana a Lubiana, Jamie Harpootlian, che ha consegnato alla Segretaria di Stato slovena all’Ambiente, Clima e Energia, Tina Sersen, una lettera che annuncia che gli Usa forniranno a Lubiana «assistenza tecnica e servizi di consulenza nell’ambito del Progetto Phoenix», programma a traino Usa per «la conversione dal carbone agli Smr», che aiuterà anche la Slovenia a raggiungere «gli obiettivi climatici e di energia pulita».

I precedenti

La lettera di Harpootlian è di fatto la risposta – positiva – a una richiesta passata un po’ sottotono ma importante. Nel giugno scorso infatti Lubiana aveva presentato domanda per la partecipazione al Progetto Phoenix, inviando a Washington una richiesta elaborata dal governo, con il contributo di colossi come Gen Energija – gestore di Krško – ma anche di Termoelektrarna Sostanj, la maggiore centrale termoelettrica del Paese, di Holding Slovenske elektrarne, l’omologo locale dell’Enel e dell’Agenzia slovena per la sicurezza nucleare. Nomi che fanno intuire che Lubiana fa sul serio.

La tecnologia Smr «ha osservato un intenso sviluppo di recente e siamo certamente interessati a esplorare il suo potenziale uso in Slovenia», ha confermato Sersen.

L’annuncio

La tecnologia, ricordiamo, riguarda futuri “mini-reattori”, con potenza ridotta rispetto a quelli tradizionali e a costruzione modulare, che offrono maggiore flessibilità e sicurezza e che potrebbero entrare in funzione nella Ue «entro il 2030», ha annunciato mercoledì 7 febbraio la Commissione europea. Washington – malgrado i ritardi e le difficoltà crescenti nel comparto – ci ha scommesso già da anni. Alla Cop 27 in Egitto è così nato appunto il “Progetto Fenice” annunciato dall’Inviato presidenziale per il Clima, John Kerry.

Progetto Fenice: gli altri Paesi coinvolti

L’obiettivo del programma a livello globale è «accelerare la transizione verso l’energia pulita, sostenendo studi di fattibilità e offrendo assistenza tecnica per la conversione di centrali a carbone in Smr a zero emissioni», illustra il Dipartimento di Stato Usa.

Non sono parole vuote. Anche con l’assistenza Usa via Project Phoenix, ad esempio, la Romania dovrebbe diventare il primo Paese europeo a implementare la tecnologia Smr, in un impianto da costruire a Doicesti, nell’area di un vecchio stabilimento a lignite super-inquinante.

Ma non c’è soltanto la Romania. Lo scorso settembre, al Vertice dell’Iniziativa dei Tre Mari, lo stesso Kerry aveva svelato che pure progetti Smr sviluppati in Repubblica Ceca, Slovacchia e Polonia sono stati selezionati da Washington per partecipare alla “Fenice”. E la Slovenia si aggiunge ora al gruppo.

Non è una sorpresa. Già a novembre governo e Parlamento di Lubiana avevano stabilito di sostenere anche le procedure per la costruzione di Smr, non solo di Krško 2 – su cui punta sempre l’americana Westinghouse. E nucleare è sempre più la parola d’ordine, almeno in Slovenia.

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