In Slovenia nuovo referendum per abrogare la legge sul fine vita
Con la mobilitazione di centrodestra e attivisti raccolte più di 43 mila firme. Il voto in novembre

L’ennesimo referendum che si prospetta assai combattuto ed è già oggi fonte di polemiche. È quello che sarà messo in agenda, a meno di sorprese intorno a metà novembre, in Slovenia, dove gli elettori saranno chiamati a esprimersi su una delle leggi più avanzate volute dalla maggioranza al potere a Lubiana: quella sul fine vita volontario. Il referendum sarà organizzato dopo la mobilitazione dell’opposizione di centrodestra e delle frange più conservatrici, queste ultime canalizzate dall’attivista Aleš Primc, anima della campagna per la raccolta delle firme necessarie per la consultazione.
«Ne abbiamo raccolte più di 43. 850», ben più delle 40 mila richieste, ha annunciato lo stesso Primc, che ha ringraziato «Dio e tutti quelli che hanno firmato», chiosando poi con un significativo «la vita trionfa sulla morte». Primc, ricordiamo, alla testa della sua “Coalizione contro l’avvelenamento dei pazienti”, aveva lanciato le procedure referendarie già a fine luglio, sostenendo che il governo, con la legge sul fine vita e la riforma delle pensioni, vorrebbe solo «ridurre» il numero dei malati e degli anziani. Invece, chi soffre ha bisogno di cure, «non di veleno».
Chi regge oggi la Slovenia al contrario «vuole ridurre i tempi di attesa» per le cure «e il numero di persone senza un medico riducendo il numero dei pazienti». Con l’eutanasia, il sottinteso. Ma perché votare di nuovo, se gli sloveni nel giugno del 2024 avevano, con il 55% di sì, espresso con forza la loro volontà di veder approvata una legge che regolasse il fine vita assistito? Perché poi l’esecutivo, sfruttando il mandato popolare, avrebbe approvato «una legge terribile», aveva sostenuto Primc. E svariate decine di migliaia di sloveni – come anche esponenti dell’Sds dell’ex premier Janša e di Nuova Slovenia (NSi) – sottoscrittori della proposta referendaria, hanno convenuto.
Completamente opposta la campana di chi ha fortemente voluto la legge. «Gli elettori hanno già deciso in maniera convinta che volevano questa opzione legislativa», il commento del premier Robert Golob, che ha assicurato che le norme sono state poi messe in cantiere «con questo spirito». E «ne siamo soddisfatti e credo che gli elettori ribadiranno la stessa volontà al referendum».
Le norme riguardano il diritto concesso agli adulti, le cui condizioni di salute gravissime siano dichiarate irreversibili o la cui sofferenza sia insostenibile. E che siano pienamente in grado di prendere decisioni informate sul proprio destino. I malati terminali, verso i quali tutte le opzioni terapeutiche saranno state dichiarate esaurite, dovranno presentare a un medico due volte una richiesta in questo senso. L’istanza sarà poi vagliata da una commissione, che nominerà un medico terzo e uno psicologo a cui sarà affidato il compito di esaminare le condizioni del richiedente per poi dare via libera.
Tornare alle urne sullo stesso tema? «Un abuso del diritto» di referendum e un «ricatto» a chi soffre, la presa di posizione di Levica (Sinistra), fra i maggiori sostenitori della legge. Sulla stessa linea, anche i Socialdemocratici e gruppi della società civile come Srebrna Nit (Filo grigio), che hanno ricordato che «le cure palliative sono essenziali», ma non sempre sono la soluzione. E hanno accusato i promotori del referendum di aver «mal rappresentato i contenuti di una legislazione ben disegnata». Per l’abrogazione è necessario che la maggioranza degli elettori esprima voto contrario e che i “no” costituiscano almeno un quinto dell’elettorato. —
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