E’ ufficiale: la Bosnia-Erzegovina è candidata ad aderire all’Unione europea

Via libera dal Consiglio europeo, il Paese dovrà ora incaricarsi di realizzare quanto prima le riforme previste
Stefano Giantin

BELGRADO Nessuna nuova delusione al fotofinish, bensì una doverosa - seppur tardiva - fumata bianca. Fumata che si è levata ieri sera (giovedì 15 dicembre) al Consiglio europeo a Bruxelles, che ha concesso alla Bosnia-Erzegovina, com’era nelle attese, lo status di Paese candidato all’adesione alla Ue.

l’intervista
Bosnia candidata all’Unione europea, la politologa Prelec: «Passo simbolico dal forte segnale»
La redazione
Tena Prelec politologa all’Università di Oxford, venerdì tra i relatori a Dialoghi europei

La notizia si è diffusa in serata, mentre il vertice dei 27 era ancora in corso, ed è subito rimbalzata a Sarajevo dove già nel pomeriggio, su iniziativa del premier del Cantone della capitale, era stata issata una enorme bandiera blu a dodici stelle sopra la “Vjecna vatra”, lo storico monumento dedicato alle vittime della guerra di Liberazione. Il Consiglio ha ratificato le conclusioni del Consiglio Affari generali, che il 13 dicembre aveva recepito le raccomandazioni della Commissione Ue sulla concessione dell’ambìto status alla Bosnia.

Bosnia che è però un candidato “sotto esame”, un Paese ancora profondamente diviso politicamente da steccati interetnici, con pulsioni secessionistiche da parte dei serbo-bosniaci e insofferenze sulla sponda croata, un’economia debole, una corruzione endemica, un’emigrazione – in particolare di giovani – che è una vera e propria emorragia che non si ferma e prosciuga della sua miglior gioventù la nazione balcanica. Problemi che ora, negli auspici europei, la Bosnia da Paese candidato dovrà affrontare con maggior vigore. Lo dovrà fare, anche perché l’Ue ha imposto a Sarajevo di impegnarsi con rapidità e senza tentennamenti in particolare a «rafforzare lo stato di diritto, a lottare contro la corruzione e il crimine organizzato» e a lavorare su «controllo delle migrazioni» e «diritti fondamentali», seguendo 14 raccomandazioni ad hoc sviluppate proprio dalla Commissione, che andranno soddisfatte prima di poter sperare di aprire i negoziati veri e propri con la Ue, il passo più importante. Ma anche con i problemi esistenti e radicati, la Bosnia non poteva esser lasciata ancora in anticamera, soprattutto dopo la concessione della candidatura a Ucraina e Georgia. Era stato già messo nero su bianco martedì al Consiglio Affari generali, che aveva affermato che «nell’attuale contesto geopolitico», leggi con l’aggressione russa all’Ucraina in corso e con Mosca sempre interessata a mantenere la sua influenza nei Balcani, senza dimenticare i giochi di Ankara e Pechino nella regione, era più che mai «urgente per il Paese muoversi sulla strada verso la Ue».

La candidatura è anche «un segnale forte ai bosniaci» che le porte della Ue sono aperte, e un pungolo ai politici locali perché «realizzino le riforme», ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Riforme che sono «decisive», per trasformare un sogno «in realtà», ha fatto eco l’Alto Rappresentante Ue Josip Borrell. «È una decisione storica! Il futuro della Bosnia-Erzegovina è nell'Ue», ha scritto in un tweet il commissario europeo all'Allargamento, Oliver Várhelyi. È una delle «decisioni strategiche più importante prese dalla Ue», ha detto da parte sua Robert Golob, premier di quella Slovenia che si è molto spesa per il gran passo, come «instancabile» è stato l’impegno italiano, ha assicurato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Il quale ha ribadito che «il posto della Bosnia è nella Ue».

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