Lubiana sanziona Dodik: vietato l’ingresso nel territorio sloveno

Il divieto deciso dal governo dopo la conferma della condanna all’ex presidente della Rs: ipotesi di affari sospetti del leader serbo-bosniaco

Stefano Giantin
Milorad Dodik (Epa)
Milorad Dodik (Epa)

L’ennesimo durissimo colpo, politico, diplomatico. E pure d’immagine, senza dimenticare gli effetti pratici, non secondari nel caso in questione. Non potrà che essere ricordato come un annus horribilis, il 2025, per Milorad Dodik, leader serbo-bosniaco nazionalista e filorusso considerato sempre più un paria, almeno a Occidente.

Lo ha confermato giovedì la scelta del governo di Lubiana, che ha deciso addirittura di vietare a Dodik l’ingresso nel suo territorio.

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Milorad Dodik

Le ragioni della decisione sono «riservate», ha fatto sapere una fonte dell’esecutivo sloveno dopo il provvedimento, ma le motivazioni sono chiarissime. E sono legate alla recente conferma della condanna contro Dodik per disubbidienza alle decisioni dell’Alto rappresentante in Bosnia-Erzegovina, Christian Schmidt, con conseguente interdizione dai pubblici uffici per sei anni.

A stretto giro di posta, è arrivata la revoca del mandato da presidente della Republika Srpska, l’entità politica a maggioranza serba in Bosnia. Dodik, tuttavia, continua a respingere sentenze da lui bollate come «politiche». E sta trascinando il Paese balcanico in una spirale di crisi pericolosissima, che potrebbe dispiegarsi in tutta la sua virulenza in autunno, prima con il referendum “auto-confermativo” voluto da Dodik per rigettare le sentenze e negare il ruolo di Schmidt.

E poi con l’appello al boicottaggio delle elezioni presidenziali indette dalle autorità centrali di Sarajevo per eleggere il suo legittimo successore.

A Lubiana non dovrà poi essere sfuggito l’ultimo viaggio di Dodik a Mosca, dove il leader serbo-bosniaco ha incassato un nuovo endorsement dal Cremlino, dopo quelli degli alleati più stretti, l’Ungheria di Orban e la Serbia di Vučić. Mosse spericolate e potenzialmente letali per la tenuta della Bosnia che non sono passate in cavalleria, a Lubiana. Da qui la decisione di imporre, con un po’ di ritardo rispetto alla tabella di marcia, le sanzioni, di cui già si era discusso.

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Il presidente della Repubblica Srpska Dodik e il ministro degli Esteri russo Lavrov a Mosca

Secondo le voci che circolavano in Slovenia, infatti, il governo avrebbe avuto sul tavolo la proposta di misure punitive già venerdì scorso, senza che tuttavia si arrivasse a una decisione definitiva. Che ha però tardato solo di qualche giorno.

Di certo, la Slovenia segue con attenzione «gli sviluppi della situazione» in Bosnia e «tutte le opzioni» sono aperte, aveva anticipato la ministra degli Esteri slovena, Tanja Fajon, che sarebbe stata, assieme al premier Golob, fra i più convinti sostenitori della necessità di misure punitive contro Dodik.

Dodik che, tuttavia, non sarebbe stato inserito nella lista nera di Lubiana solo per le sue posizioni separatistiche e l’aperta sfida lanciata all’unitarietà della Bosnia-Erzegovina e alla figura di Schmidt. Un’altra ragione, ha sostenuto la televisione regionale N1, andrebbe ricercata infatti nel «trasferimento» di sostanziosi fondi dalla Republika Sprska e da altri Paesi balcanici in Slovenia.

E ci sarebbe il sospetto che «Dodik e la sua famiglia detengano considerevoli asset», pare lussuose ville sulla costa e capitali di dubbia provenienza proprio nel Paese, controllati attraverso «svariate persone e aziende» operative nel Paese Ue, ha sintetizzato l’agenzia di stampa slovena Sta.

Sanzioni slovene contro Dodik che non sono le prime a fioccare. Prima di Lubiana si erano infatti mossi Stati Uniti e Regno Unito, mentre Dodik è stato dichiarato persona non gradita pure in Germania, Austria, Polonia e Lituania.

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