La lite Trump-Musk e il tema dei migranti
Nella lista di accuse rivolte all’ex best buddy quella di immigrato è la più infamante agli occhi della galassia Maga. L’immigrazione diventa così un passe-partout

Pazzo, drogato e... immigrato. Nella lista di “complimenti” tra ex-amici americani, l’ultimo è il più infamante, almeno nella scala di valori della galassia Maga. Ci riferiamo alle etichette appiccicate a Elon Musk, dopo la rottura con Trump e i trumpiani.
Che, almeno in alcuni casi, non svelano certo tratti nascosti dell’ex-Doge: visionario, sregolato, proveniente da un altro paese. Ma mostrano, una volta di più, come il tema dell’immigrazione si presti ad un ampio spettro di utilizzi, nel repertorio della destra. In modo spesso strumentale.
Ne abbiamo numerosi esempi anche nel Vecchio continente. L’ultimo è arrivato nei giorni scorsi dall’Olanda, dove è caduto il governo di centro-destra allargato, sostenuto anche da formazioni radicali.
Proprio la più nota e di maggiore peso elettorale tra queste, il Partito per la Libertà (Pvv) di Geert Wilders, ha staccato la spina all’esecutivo. Casus belli: il mancato sostegno a un pacchetto di dieci punti programmatici su immigrazione e re-migrazione proposto dal leader del Pvv. Una sorta di prendere-o-lasciare. Un pretesto per rompere, secondo gli ex-partner di maggioranza. È sintomatico, tuttavia, come la gestione dei flussi migratori diventi oggetto di regolamenti di conti a destra.
Intendiamoci, si tratta, senza dubbio, della questione che maggiormente accomuna i partiti della destra radicale: populista e sovranista, a seconda delle definizioni. La protezione dei nativi, le minacce per la sicurezza, la cultura e la religione, la competizione per il lavoro e i servizi: sono il terreno comune sul quale si incontrano i partiti dell’area. A livello internazionale e domestico.
Anche i partiti che compongono l’attuale maggioranza italiana, di fronte all’alternativa tra apertura e protezione dei confini, non hanno incertezze. Così come sono compatti nel respingere il quesito referendario che, nel voto di oggi e domani, chiede di ridurre i tempi per il conseguimento della cittadinanza.
Le sfumature di radicalismo, però, sono tante. Soprattutto quando, dalla piazza al palazzo, si tratta di tradurre in provvedimenti i proclami delle campagne fatte dall’opposizione. Scontrandosi con i vincoli giuridici, la complessità e la portata di un fenomeno che, indipendentemente dagli orientamenti ideologici e del calcolo elettorale, risulta spesso ingovernabile.
E diventa quindi oggetto di provvedimenti dall’alto valore simbolico, e comunicativo: ieri i respingimenti, oggi le deportazioni. Oppure, questione sulla quale marcare la propria identità. Rivendicare la propria intransigenza, la propensione al pugno duro, la coerenza rispetto alle promesse, la conservazione dell’originarie purezza e sintonia con gli umori del paese.
L’immigrazione diventa così un passe-partout, per le formazioni della destra radicale. La chiave che apre tutte le porte. Una bandiera da sventolare. Buona per ogni occasione. Per provare a recuperare il consenso perduto. O tentare il definitivo sfondamento. Ai danni degli avversari. E, spesso, degli alleati.
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