Stelle cadenti, mani strette e i nostri cuori più vicini

La catena formata da centinaia di bagnanti in cerca del piccolo Carlo: quell’immagine di mani strette, quasi a fermare la forza del mare

Fulvio ErvasFulvio Ervas
La catena umana a Cavallino Treporti
La catena umana a Cavallino Treporti

Quante lacrime ha suscitato in noi il ritrovamento del corpo del bambino trevigiano di sei anni, disperso nel mare a Cavallino Treporti?

C’è una coincidenza dolorosa tra questo evento e le notti delle stelle cadenti, il cui picco è tra il 12 e 13 di agosto. Ma c’è chi ama definire le stelle cadenti, lo sciame delle Perseidi, come le lacrime di san Lorenzo e non c’è motivo per non credere che, martedì notte, abbiano pianto il cielo e tutte le stelle.

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Per ricercare Carlo, questo il nome del bambino, si sono prodigati in tanti. Così persone giunte per passare una giornata spensierata, un angolo di tempo liberato dalla quotidianità o dal lavoro, hanno visto cambiare, all’improvviso, il copione: il biglietto comperato per una commedia leggera li ha messi di fronte, inaspettatamente, a una possibile tragedia. Si dissolvono le chiacchiere sui costi della stagione balneare, sulla miglior crema solare; si dissolvono gli ombrelloni, gli asciugamani: c’è dell’altro, molto di più.

Il teatro della vita è così, alle volte.

I bagnanti avrebbero potuto lasciare la scena. Invece è stata rapidamente organizzata, dalla spiaggia, una catena umana che ha setacciato un tratto del litorale.

È un’immagine che, se non può cancellare il triste esito dell’evento, testimonia un ampio coinvolgimento emotivo. Centinaia di persone, stringendosi per mano, ci hanno provato. Ognuno avrà avuto per la testa un proprio pensiero: chi temendo in cuor suo di ritrovare il corpo di un bambino, chi sperando di salvarlo.

L’immagine di quelle persone connesse rimarrà a lungo nelle nostre menti. Ci parla di partecipazione, di condivisione, di autentica empatia.

Se quella catena umana fosse riuscita davvero a salvare il piccolo Carlo avremmo potuto trascrivere l’evento nei nostri migliori annali. Avremmo tutti festeggiato. Non è accaduto.

Ma accompagnerà quella tristezza il sentimento di essersi messi al servizio di altri, di essere stati partecipi a tante sfumature di speranza o anche soltanto il volere che la vicenda si chiudesse con dignità, con un corpo riportato alla propria madre. Non lasciandoli soli. Non dicendo il problema è solo vostro.

Sono comportamenti degli individui che ci ricordano la forza che si genera costruendo momenti di unione collettiva, quando eventi disastrosi o pericolosi sono fronteggiati da umani che fanno barriera, così che il danno si diluisca oppure che la salvezza si rafforzi.

È la bellezza che scopriamo in noi stessi quando mettiamo energie per salvare, e in tal modo ci salviamo: esattamente il contrario di quando ci infiliamo in qualche trincea aspettando di uccidere o di essere uccisi.

Va da sé che se facessimo, più spesso, catena umana, questo nostro pianeta sarebbe un Paradiso.

In un’epoca di grandi distanze, di finzioni, di egocentrismo esasperato, quell’immagine di mani strette, quasi a fermare la forza del mare, come un unico organismo che cerca una soluzione, è una stella cadente a cui oggi affidiamo il desiderio di giorni carichi di positività.

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