Nessun futuro se non si investe nell’Ai

Dalla sanità all’istruzione, l’intelligenza artificiale può avere un impatto positivo su diversi ambiti  della società

Angelo Montanari*
Mario Draghi
Mario Draghi

Ero fra i rettori presenti all’inaugurazione del 163º anno accademico del Politecnico di Milano lo scorso lunedì e ho avuto l’opportunità di ascoltare la lectio magistralis di Mario Draghi. Largo spazio ha avuto nel suo intervento la “rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale” (AI all’inglese). In un tempo in cui le persone si dividono tra chi vede nell’AI una grande opportunità e chi la considera un grave pericolo, Draghi si è schierato nettamente con le prime. Non solo, secondo Draghi, soltanto un’adozione su larga scala dell’AI potrà consentire all’economia italiana e, più in generale europea, di progredire, riducendo il divario con gli Stati Uniti e la Cina, e di evitare la stagnazione.

Draghi si è poi soffermato sull’AI Act, la legge dell’Unione Europea che vuole regolamentare le modalità di sviluppo e di utilizzo dell’AI, allo scopo di tutelare i diritti fondamentali delle persone. A tal fine, essa fornisce una classificazione delle applicazioni dell’AI sulla base del loro livello di rischio, vietando alcuni utilizzi dell’AI ritenuti inaccettabili ed imponendo forti condizioni di sicurezza e trasparenza ai sistemi di AI ad alto rischio. Stati Uniti e Cina non hanno niente di analogo.

Da quando è entrata in vigore il 1º agosto 2024, è stata oggetto di accese discussioni. Personalmente credo che l’obiettivo di tutelare i diritti fondamentali delle persone e garantire condizioni quali la trasparenza, la sicurezza e l’affidabilità dei sistemi di AI sia condivisibile e che lo sforzo di definire un quadro normativo di riferimento sia apprezzabile. Nel contempo, mi rendo conto della difficoltà di normare una materia in costante e rapida evoluzione, che, ad esempio, considera la trustworthy AI (l’AI di cui ti puoi fidare) non solo e non tanto un tema su cui legiferare, ma un argomento di ricerca scientifica. Comprendo, quindi, il richiamo di Draghi all’adattabilità della norma a fronte di un’evoluzione tecnologica estremamente rapida, per evitare rigidità che rischiano di essere fortemente penalizzanti.

Analoga flessibilità, ha invocato Draghi, nei confronti del Regolamento generale sulla protezione dei dati, noto come Gdpr, la normativa europea che disciplina il trattamento dei dati personali al fino di proteggere la privacy dei cittadini. In vigore dal maggio 2018, tale regolamento disciplina le modalità di raccolta, uso e conservazione dei dati personali da parte delle aziende e di altre organizzazioni. Frutto di una cultura della precauzione (così si è espresso Draghi), tale regolamento ha introdotto notevoli vincoli che appesantiscono la gestione di molteplici procedure e processi. Per superare alcune delle rigidità introdotte dal Gdpr, e dall’AI Act, è stato recentemente varato il Digital omnibus, che alleggerisce degli oneri regolatori senza rinunciare a standard elevati di tutela dei diritti fondamentali.

Nel suo intervento Draghi ha poi sottolineato l’impatto positivo dell’AI su molteplici ambiti della società, spaziando dalla sanità all’istruzione. Nell’ambito della sanità, ad esempio, gli strumenti di triage e gestione dei flussi basati sull’AI hanno ridotto i tempi di attesa al pronto soccorso di oltre il 55%, portando ad un significativo risparmio economico. Nell’ambito dell’istruzione, l’AI consente di immaginare dei percorsi formativi sempre più personalizzati in grado di intervenire nel modo più adeguato lì dove è necessario.

In ambito industriale, l’AI già oggi può essere ed è di fatto utilizzata per il monitoraggio dei processi, il riconoscimento anticipato dei guasti e la manutenzione predittiva, il rilevamento delle anomalie e la diagnostica (mutatis mutandis, in linea di principio e con le dovute cautele, gli stessi strumenti possono essere applicati anche in ambito sanitario per un monitoraggio personalizzato della salute delle persone).

Su questi e altri fronti della ricerca in AI l’Università di Udine è attiva fin dalle origini ed è internazionalmente riconosciuta, come dimostrato dalla regolare presenza di lavori di ricercatori dell’Ateneo nelle maggiori conferenze internazionali di AI. Inoltre, molte delle ricerche sviluppate negli anni sono oggi applicate ai processi delle industrie manifatturiere del territorio.

Penso all’ecosistema di innovazione Triveneto iNest, finanziato con fondi del Pnrr, e alla realtà del lab village del nostro ateneo operativa ormai da diversi anni. L’AI avrà un forte impatto anche su tutte le altre dimensioni dell’università, dalla didattica alla gestione dei processi amministrativi. Per tale ragione, ho ritenuto opportuno avere nella squadra un delegato che si occupa in modo dedicato di AI.

Per concludere, concordo con Draghi quando afferma che il nostro continente non avrà futuro se non sceglierà di investire con forza nell’AI per essere in prima fila in una tecnologia che oggi risulta essere la più pervasiva e trasformativa e con la quale non possiamo non misurarci. Così come mi ritrovo nel suo auspicio circa il rafforzamento dell’European research council (Erc) e, più in generale, del finanziamento alla ricerca, incluso quello privato e filantropico. 

 

*Magnifico rettore dell’Università di Udine

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