Leadership e carisma: ecco perché all’opposizione manca una come Giorgia
La presidenze del Consiglio fa da collante a una maggioranza che senza di lei sarebbe andata da tempo in frantumi. All’opposizione c’è una democrazia senza capi

Se c’è un punto di riferimento fortissimo a Palazzo Chigi – fra incomprensioni sugli aiuti a Kiev, il ddl sul consenso, gli “extra profitti” delle banche da tassare e tanti altri controversi dossier che agitano il destra-centro – è la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. È lei l’adulta nella stanza, il collante di una maggioranza di governo che sarebbe altrimenti andata in frantumi da tempo.
Meloni è ciò che manca all’opposizione: al contempo leadership riconosciuta, fonte di stabilizzazione e garanzia che i fisiologici elementi di frizione possano essere riassorbiti da chi è a capo di un’organizzazione complessa in virtù del proprio charisma, per dirla in termini weberiani.
«Vi è soltanto questa scelta: o una democrazia subordinata a un capo e organizzata mediante la “macchina”, oppure una democrazia senza capi, vale a dire il potere dei “politici di professione” senza vocazione, senza le intime qualità carismatiche che per l’appunto fanno un capo», scrive Max Weber ne “La politica come professione”.
Questa è la differenza fra destra-centro e Campo Largo, oggi: da una parte c’è un capo, dall’altra parte c’è una democrazia senza capi. Il recente teatrino dei leader del Campo Largo sulla partecipazione ad Atreju, la festa di Fratelli d’Italia, che si terrà fra qualche giorno a Roma, è significativo. Mentre il Pd è in una fase identitaria molto spinta e le sue feste sono schleinianamente blindate, dalle parti del governo sembrano essere, almeno a tratti, più ecumenici.
Da qui è nata l’idea di invitare Elly Schlein alla festa. Invito che la segretaria del Pd avrebbe accettato solo se avesse potuto confrontarsi direttamente con Meloni; a quel punto la presidente del Consiglio ha rilanciato invitando anche Giuseppe Conte a unirsi al confronto, con il risultato che il Campo Largo avrebbe fatto le sue primarie ad Atreju.
La mossa è stata politicamente efficace: alla fine il duello non ci sarà e Meloni si confronterà soltanto con sé stessa. Su questo la destra è nettamente avanti. Può permettersi di portare avanti le sue battaglie e i suoi programmi senza preoccuparsi troppo degli assetti politici. Anche perché tutto sommato l’incertezza più consistente da quelle parti è stabilire chi arriverà secondo fra Forza Italia e Lega.
Il centrosinistra è, nel complesso, maggiormente in ritardo, e non soltanto sulla questione della leadership. Qualche giorno fa, a Montepulciano, dove si è riunito il nuovo Correntone, Gianni Cuperlo è intervenuto per ricordare ai dirigenti del Pd, Elly Schlein compresa, ciò che manca all’opposizione: «Abbiamo di nuovo bisogno di un pensiero sul mondo e su questo tempo della storia. Non solo un programma: ma un pensiero. Nella storia la politica lo ha fatto».
Il problema, ha aggiunto, «è che senza un PD più solido e più aperto, nessuna coalizione può farcela. A Elly spetta il compito di guidare questo processo». Ed è qui che sopraggiunge la domanda di un pezzo dell’elettorato: Schlein sarebbe in grado di governare non tanto il Pd quanto l’Italia? Non tutti, infatti, sono in grado di fare il capo.
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