Veneto Banca, il Csm apre un fascicolo su Dalla Costa

TREVISO Il Consiglio superiore della magistratura, l'organo di autogoverno dei giudici, apre un fascicolo sul procuratore di Treviso Michele Dalla Costa. Ad occuparsene è la prima commissione che indaga sulla possibile "incompatibilità ambientale" del procuratore della Repubblica di Treviso nello scandalo Veneto Banca nell'ambito dell'inchiesta condotta come noto dalla Procura di Roma.
L'ipotesi, emersa da un recente esposto e rivelata da L'Espresso, ruota attorno al ruolo di Dalla Costa (che è stato anche da maggio 2008 a dicembre 2012 procuratore capo al Tribunale di Trieste) e della moglie, Ippolita Ghedini, sorella del senatore padovano Niccolò, professionista che avrebbe ricevuto dall'istituto bancario alcuni incarichi di consulenza legale.
In particolare, il Csm vuole accertare se la condotta della Procura trevigiana guidata da Dalla Costa siano stata improntata ad un atteggiamento di equilibrio ed obiettività. L'inchiesta su Veneto Banca, come noto, è attualmente condotta dalla Procura di Roma che, nel febbraio 2015, ha ordinato il sequestro di una copiosa documentazione nella sede della banca.
La Procura di Treviso, in quella occasione, charì immediatamente che la competenza delle inchieste era a Roma in quanto il reato più grave, "ostacolo alla vigilanza", sarebbe stato consumato a Roma. Un recente esposto solleva però il caso delle molte denunce presentate alla Procura di Treviso prima dello scoppio dello scandalo insinuando il dubbio: la procura di Treviso ha fatto tutto ciò che doveva o non ha agito quanto poteva? Il ruolo della moglie ha influito sull'operato del procuratore Michele Dalla Costa mettendolo di fatto in quella condizione si "incompatibilità ambientale" su cui ora sta indagando la prima commissione della magistratura?
Va detto che, in quest'ottica, la scelta di Dalla Costa di inviare tutte le carte a Roma nel 2015 potrebbe essere interpretata, oltre che come questione di "competenze", anche come la sua volontà di allontanare da Treviso la più piccola ombra di parzialità proprio in virtù del ruolo della moglie, mettendo di fatto Dalla Costa in una posizione di assoluta correttezza.
Ma tra chi ha fatto denuncia si chiede conto di quanto avvenuto nei due anni (dal 2013, insediamento di Dalla Costa, al 2015) in cui in procura sarebbero arrivati segnali che qualcosa in Veneto Banca non quadrava. Rimbomba, in tal senso, il dubbio sollevato alcuni giorni fa dall'ex consigliere regionale Diego Bottacin: «Su Veneto Banca i fatti accertati dalle ispezioni della Banca d'Italia sono del 2013. È lecito chiedersi perché e per cosa la magistratura ha aspettato tre anni?». Bottacin fa riferimento al fatto che la relazione degli ispettori della Banca d'Italia era stata immediatamente inviata anche a Treviso, dove è confluita in un fascicolo d'indagine che per due anni è però rimasto misteriosamente fermo.
Da ricordare poi che un altro ex pezzo da novanta del tribunale di Treviso, l'ex presidente Giovanni Schiavon da Consoli avrebbe ricevuto una bicicletta mountain-bike da 5.500 euro nell'estate 2009, e un orologio in oro bianco nel 2011. La ragione? «Più volte sono stato richiesto dalla banca di fare conferenze ai suoi dirigenti in materia fallimentare, e non ho mai chiesto una lira di compenso», ha spiegato Schiavon.
Riproduzione riservata © il Nord Est