Prime per produttività e seconde per crescita: medie imprese in salute

Le quattro regioni del Nord Est rappresentano il 36,1% dell’intero tessuto industriale. Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia ai vertici dell’attrattività per queste aziende

Riccardo Sandre

Prime per produttività, e seconde per crescita del fatturato, occupazione e addirittura innovazione.

Le medie imprese italiane, di cui il Nord Est è una patria indiscussa ospitando oltre un terzo del totale delle 3.650 aziende presenti nel Paese, superano a pieni voti il test statistico del ventiquattresimo Rapporto sulle medie imprese industriali italiane realizzato dall’Area studi di Mediobanca, dal Centro studi Tagliacarne e Unioncamere. Il Nord Est (compreso dell’Emilia Romagna) ospita infatti il 36,1% delle aziende con un fatturato che va dai 19 ai 415 milioni di euro e tra i 50 e 499 dipendenti (contro il 39% del Nord Ovest, il 13,9% del Centro e l’11% di Sud e Isole).

Ma proprio Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, sono rispettivamente prima, terza e quinta nella speciale classifica dell’attrattività dei territori per questa tipologia di imprese. Un indice di intensità che è stato calcolato per valutare sul piano demografico, infrastrutturale, della superficie antropica e così via la fertilità dell’humus dal quale queste realtà traggono forza per il proprio sviluppo. Più ancora del Nord Est è il Triveneto quindi a esprimere un primato pure non scevro da elementi critici. Le medie imprese industriali venete nel 2023 erano 701 e totalizzavano un fatturato aggregato di oltre 34,7 miliardi di euro. Il fatturato medio era di circa 49,5 milioni di euro, con l’Ebit Margin pari al 7,9%. Quelle in Trentino Alto Adige erano 76 per 4 miliardi di euro di fatturato (53,3 milioni di euro di ricavi medi per azienda) e potevano contare su di un ebit margin del 6,1% mentre in Friuli Venezia Giulia nel 2023 le medie imprese erano 105 per circa 4,8 miliardi di euro complessivi. Il fatturato medio era di quasi 45,3 milioni di euro. L’Ebit Margin raggiungeva il 6,3%.

Proprio il tema dimensionale e soprattutto della marginalità, misurata sull’ebit (l’utile al lordo dei costi finanziari e delle tasse) è il punto critico del sistema: in Lombardia ed Emilia Romagna il fatturato medio per azienda era, rispettivamente, pari a 51,5 e 53,6 milioni di euro mentre gli ebit margin erano, in entrambi i casi, significativamente superiori: per la Lombardia si parla di un 8,6% per l’Emilia Romagna un 8,3%. La dimensione aziendale mediamente superiore e un indicatore di marginalità più alto di oltre 2 punti percentuali (con l’eccezione del solo Veneto), fanno pensare che le dimensioni contino non solo in termini di singola azienda, ma anche in termini di sinergia con un tessuto industriale e di filiera mediamente più strutturato e capace di garantire migliori performance reddituali anche alle medie imprese.

E tuttavia queste realtà, complessivamente, hanno saputo crescere nelle vendite, tra il 1996 e il 2023, addirittura del +181,9%, superando nettamente le grandi (+134,1%) e hanno dimostrato di sapere reggere egregiamente il paragone con il resto d’Europa. Il Report “Scenario competitivo, Esg e innovazione strategica per la creazione di valore nelle medie imprese industriali italiane” ha infatti messo a confronto le medie imprese nostrane con le pari grado di Spagna, Francia e Germania presentando, nero su bianco, una situazione competitiva confortante, che spiega bene la capacità del nostro sistema imprenditoriale di sorprendere per vitalità e resilienza anche nelle situazioni più sfidanti. In termini di produttività, intesa come il valore aggiunto al netto degli ammortamenti diviso per il numero dei dipendenti, queste imprese sono cresciute del +31,3% tra 2014 e 2023, contro il +29,9% della Spagna, il +25,8% della Germania e il +20,2%. Non solo: nel 2023 il gap di produttività era positivo del 3,3% per l’Italia nei confronti della Germania, del 14,7% rispetto alla Francia e del 18,7% rispetto alla Spagna.

Se si guarda poi alla capacità di incremento dei fatturati, il rapporto con i principali partner europei è quasi altrettanto incoraggiante: in 10 anni (2014-23) le nostre medie imprese hanno registrato una crescita del 54,9%. Meno della Spagna (+80,8%) ma comunque meglio sia della Francia (+41%) che della Germania (+38,5%). Sul piano dell’occupazione la classifica è la stessa: Spagna (+45,8%), Italia (+24,2%), Francia (+11,5%) e Germania (+8%). Ma è pure sul piano dell’innovazione complessiva che la media impresa nostrana stupisce per la propria performance: in questa speciale classifica l’Italia, con 45,8 imprese su cento titolari di almeno un brevetto, è seconda dopo la Germania (con 61,2 imprese su cento). Più indietro sia la Francia, con 32,2 imprese su cento, che la Spagna, con 31,2 imprese su 100. Certo, non è tutto oro quello che luccica quando si va a guardare l’innovazione strategica, quella parte cioè della brevettualità che riguarda le tecnologie digitali avanzate e le “Net-Zero”. Qui l’Italia (con solo il 10,8% delle imprese che detengono bretti di questo tipo) perde posizioni arrivando terza dopo la Germania (31,2%) e la Francia (22,7%) ma comunque prima della Spagna (6,8%).

Un tema, quello dell’incremento degli investimenti in tecnologia, che le medie imprese sentono come una priorità (strategica per il 55% delle medie contro il 69,6% delle grandi), pure subordinata a quella relativa all’espansione in nuovi mercati (fondamentale per il 69,6% delle medie contro il 63,2% delle grandi). Anche in questo caso le sfide di contesto raccontano però di una percezione di sé più coraggiosa ma più fragile rispetto alle imprese più strutturate. Sia in termini di concorrenza sui prezzi che di costi dell’energia le medie imprese si sentono più esposte delle grandi.

Riproduzione riservata © il Nord Est