Pmi, i minibond per crescere: trenta emissioni in sei mesi

Per sei imprese su 10 sono strumento per finanziare investimenti e acquisizioni. Nel 2020 la raccolta è stata di 920 milioni di euro, valore medio 4,6 milioni

VENEZIA Edil Baggio è una società immobiliare di Abano Terme. Tolentino ha sede a Istrana e lavora la carta. Plissè è una fashion house di Piombino Dese. Sono tre delle aziende venete che nel secondo semestre 2020 hanno emesso minibond, puntando sulle facilitazioni previste dal legislatore (burocrazia snella e costi in linea con le emissioni delle quotate) per le Pmi che emettono obbligazioni, diversificando così i canali di finanziamento rispetto a quello classico bancario.

I numeri Nonostante la crisi pandemica, sono state ben 30 le emissioni solo nel periodo luglio-dicembre 2020, un dato che porta il Veneto sul podio tra le regioni italiane. Hanno percorso questa strada aziende più e meno note, dall’Azienda Gardesana Servizi al Marina Palace Hotel, da Piave Servizi a EffeKappa Investimenti, dalla Lucaprint alla Tolentino. I nomi emergono dall’osservatorio sui Minibond della School of management del Politecnico di Milano, che segnala come il totale di imprese italiane che hanno fin qui utilizzato lo strumento sia 671, di cui 102 in Veneto (una decina di loro ha effettuato una pluralità di emissioni), che è la seconda regione in Italia dopo la Lombardia in questo segmento di mercato.

Lo studio segnala che nel corso del 2020 le emissioni a livello nazionale sono state 194 contro le 205 dell’anno precedente. Un risultato positivo se si considera il contesto di fondo, caratterizzato dalla pandemia e dalla crisi economica che ne è conseguita. Le motivazioni Quanto alle motivazioni del collocamento, si conferma al primo posto l’obiettivo di finanziare la crescita interna dell’azienda (60,5%), seguito dalla necessità di ristrutturare le passività finanziarie (10,4%), di alimentare il ciclo di cassa del capitale circolante (soprattutto Pmi) e le strategie di crescita tramite acquisizioni (soprattutto grandi imprese).

Nel 2020 la raccolta sul mercato si è fermata a 920 milioni di euro per l’abbassamento del valore medio delle singole emissioni (4,59 milioni); tuttavia, se ci si limita alle Pmi, è stata la migliore degli ultimi tre anni (448 milioni). Questo anche grazie agli interventi emergenziali dello Stato, concretizzatisi in un programma di garanzie pubbliche che ha interessato il mondo dei minibond attraverso il Fondo di garanzia gestito da Mcc e Garanzia Italia di Sace.

Il commento «L’industria dei minibond italiani ha retto bene nonostante lo stress test della pandemia», commenta Giancarlo Giudici, responsabile dell’Osservatorio Minibond ed estensore del report. Che indica tre sfide per il futuro: la sostenibilità del debito a valle dei risultati di bilancio, che inevitabilmente saranno più sfavorevoli rispetto alle aspettative; la capacità del sistema di trovare un nuovo equilibrio quando i provvedimenti pubblici termineranno e potrebbe essere necessario prevenire un accumulo di crediti problematici; approfittare dei Pir alternativi e degli Eltif, ai nastri di partenza, per dare nuovo spessore al mercato con un salto di qualità che possa rinvigorire anche il mercato secondario, cioè il trading dei minibond già emessi. —

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