Petrini (Slow Food): «Cibo, troppa produzione per abbattere i prezzi così si alimentano sprechi e disparità sociali»

È la convinzione di Carlo Petrini, gastronomo, scrittore e attivista, nonché ideatore di manifestazioni come Cheese, il Salone del Gusto di Torino e Terra Madre, oltre che fondatore di Slow Food

 

 

Luigi Dell’olio

«Nel mondo ci sono 8 miliardi di persone, ma si produce cibo per 12 miliardi. Eppure tante persone sono malnutrite. Superare queste storture è indispensabile per vivere in armonia con l’ambiente circostante». È la convinzione di Carlo Petrini, gastronomo, scrittore e attivista, nonché ideatore di manifestazioni come Cheese, il Salone del Gusto di Torino e Terra Madre, oltre che fondatore di Slow Food.

Come giudica l’attenzione crescente verso il cibo, che va dagli ascolti elevati dei programmi a tema alle discussioni tra conoscenti sulle componenti di ciò che mangiamo?

«Cominciamo col dire che la consapevolezza in questo campo, più che in altri, è fondamentale per arrivare a compiere le scelte migliori per la nostra salute, quella del Pianeta e – perché no – anche per il gusto. E mi piace constatare il ruolo che giocano i giovani in questa crescita culturale. Sono tanti quelli che si interessano al sistema alimentare perché hanno compreso che è tra i maggiori responsabili delle emissioni inquinanti nell’aria. Parliamo di circa il 37% di tutta la CO2 prodotta da attività umane».

Preoccupa anche la scomparsa della biodiversità.

«Questa è un’altra conseguenza drammatica degli squilibri che governano il sistema alimentare. Aggiungerei l’impatto derivante dall’abuso di plastica monouso. Tutti aspetti che fanno emergere l’importanza di prestare attenzione non solo all’aspetto organolettico, ma anche all’impatto che la produzione alimentare ha sull’ambiente e sull’equità sociale. Produrre in maniera sana, garantire l’esistenza di filiere etiche e mangiare bene possono aiutare nella ricerca di un equilibrio con l’ambiente in cui viviamo».

Anche se su questo aspetto qualcuno la pensa diversamente. Il ministro Lollobrigida ha detto che talvolta i poveri mangiano meglio dei ricchi, cercando direttamente dal produttore l’acquisto a basso costo, spesso comprano qualità.

«Eviterei di commentare questo scivolone. Non credo che la disperazione dei poveri si possa quantificare in base a ciò che mangiano».

Sta di fatto che, secondo la Fao, sono 950 milioni le persone malnutrite nel mondo e circa 25 milioni quelle che muoiono di fame ogni anno.

«Un’assurdità, resa ancor più grave dal fatto che nella maggior parte dei casi si tratta di bambini. Eppure nel mondo produciamo per 12 miliardi di persone, quindi il 50% in più degli abitanti».

Perché?

«Si pompa la produzione per abbattere i prezzi, finendo per negare la giusta remunerazione alle componenti più deboli della filiera. Da una parte ci sono 17 milioni di persone con problemi di sovralimentazione, dall’altra chi non riesce ad accedere al cibo. Persino nei Paesi poveri ci sono gli sprechi, con alimenti che magari arrivano nelle città, ma poi non riescono a raggiungere i piccoli centri per limiti infrastrutturali o per la carenza di refrigeratori».

In questo i progressi tecnologici non aiutano?

«Nel corso del tempo sono stati fatti dei passi in avanti enormi per combattere la povertà, ma questa piaga non è ancora stata debellata. Ora stiamo entrando in una nuova era, quella della transizione ecologica, che probabilmente richiederà secoli per concretizzarsi e arrivare a garantire un maggiore equilibrio tra uomo e ambiente».

Addirittura secoli?

«Pensi alla rivoluzione industriale, che pure ha fatto uscire tante persone dalla miseria: ha preso il via nella metà del Settecento ed è arrivata fino ai giorni nostri. Dar vita a un nuovo modello di sviluppo significa rivedere radicalmente il modo in cui si produce, si distribuisce e si consuma, direi addirittura si vive».

Di questi temi parla diffusamente nel libro che ha appena pubblicato, dal nome “Il gusto di cambiare”. La transizione ecologica come via per la felicità. Possiamo dire che ha una prospettiva ottimistica del futuro?

«Nel libro non sottovaluto la portata dei cambiamenti climatici, che stanno cambiando radicalmente la geografia produttiva di interi territori, ma cerco di evidenziare anche i germi del cambiamento, che ci sono e meritano di essere incoraggiati».

Possiamo dire che un’importante iniezione di fiducia l’ha ricevuta da Papa Francesco, che ha curato la prefazione del libro? Lo stesso pontefice sta lavorando a un’enciclica su questo tema.

«Il Papa è da sempre attento ai legami tra uomo, ambiente e cibo. L’enciclica “Laudato Sì” è uno dei documenti che hanno segnato la storia degli ultimi decenni. Io la considero una bussola per il nostro Pianeta, per l’umanità. Il Pontefice ha collegato il tema ambientale con quello sociale, sottolineando che il grido di dolore della Terra ferita è anche il grido dell’umanità. Soprattutto dei più poveri. L’enciclica ha preceduto di poche settimane la Cop (Conferenza annuale dell’Onu sull’ambiente, ndr) di Parigi, durante la quale i governanti si sono impegnati a mantenere l’innalzamento della temperatura entro un grado e mezzo rispetto ai livelli pre-industriali. Poi sono arrivati Trump alla guida degli Stati Uniti e Bolsonaro del Brasile e così due grandi economie hanno fatto marcia indietro. Intanto però il messaggio ecologista ha continuato a fare breccia, e con esso l’attenzione per gli aspetti sociali del cibo. Tutto questo fa ben sperare».

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