Nalini: «Serve aprire il capitale per essere più attrattivi»

L’Ad di Carel Industries: «Troppi laureati in uscita dal Veneto verso l’Emilia dove vengono garantiti stipendi più alti in media del 10%»

Francesco Nalini
Francesco Nalini

«Le imprese crescono aprendo il capitale. Un passaggio fondamentale che porta in azienda un management più professionale, aumentando gli investimenti in innovazione tecnologica e organizzativa. Questo non solo aiuta ad incrementare la produttività, ma è anche fondamentale per essere più attrattivi e poter così affrontare le sfide che ci attendono nei prossimi decenni, a partire dal calo demografico». Ne è convinto Francesco Nalini, amministratore delegato della padovana Carel Industries e delegato di Confindustria Veneto Est per l’education. L’azienda che guida, tra i leader nelle soluzioni di controllo per il condizionamento, la refrigerazione e l’umidificazione dell’aria che ha chiuso il 2023 con ricavi pari a 650 milioni, è una di quelle che negli anni è riuscita a fare quel salto che a Nord Est, tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, sembra essere complicato realizzare.

Le medie imprese della manifattura rappresentano da una parte una risorsa essenziale per l’economia del Paese. Ma, a differenza di quanto accade in Emilia Romagna dove le medie imprese sono meno presenti perché le dimensioni delle imprese leader sono cresciute negli anni oltre la soglia prevista dall’osservatorio (370 milioni), la crescita dimensionale è decisamente più complicata.

Perché secondo lei i numeri del Veneto sono così diversi?

«Prima di tutto perché l’Emilia Romagna, grazie alla presenza di alcuni distretti avanzati come la Motor Valley o il biomedicale, ha una maggiore tradizione di apertura del capitale da parte delle imprese. In questo senso in Veneto siamo ancora un po’indietro, anche se si vedono segnali di miglioramento».

Mediobanca evidenzia anche una maggiore propensione da parte delle imprese emiliane all’utilizzo del digitale che, in un mondo in cui le piattaforme sono diventate il baricentro del capitalismo, è premiante. Come può essere colmato questo gap?

«Questo punto è certamente figlio di quanto dicevamo prima. Quando si apre il capitale arriva anche un management più professionale in grado di guardare a settori in crescita e questo porta maggiori investimenti in aree più innovative con effetti diretti anche per quanto riguarda la competitività e l’attrattività».

In che senso?

«Abbiamo notato negli ultimi anni importanti flussi di laureati in uscita dal Veneto proprio verso l’Emilia Romagna. E questo per un motivo molto semplice: che le imprese lì garantiscono stipendi più alti in media del 10%».

Si tratta di una percentuale molto alta. A cosa è dovuta una forbice così ampia tra regioni così vicine?

«Proprio a ciò che dicevamo prima: una maggiore propensione all’apertura del capitale porta innovazione e l’innovazione porta a una maggiore produttività. La conseguenza finale è che possono offrire stipendi sensibilmente più alti diventando contemporaneamente attrattivi».

Come si può invertire questa tendenza?

«Fortunatamente vedo che siamo sulla strada giusta. Ma è necessario anche che imprese e istituzioni formative facciano sempre più sistema».

Carel Industries è riuscita a fare il salto. Se dovesse indicare i passaggi decisivi del percorso quali indicherebbe?

«Il debutto in Borsa nel 2018 ha aperto le porte a una maggiore visibilità e a una governance migliore. Un passo che, oltre a agevolarci nell’attrarre talenti e gestire i rischi, ci ha permesso di accelerare sulla sostenibilità e sulla sua integrazione con le nostre attività».

La sfida della crescita si inserisce in una fase in cui le tensioni geopolitiche, dall’Ucraina al Medio Oriente, costringono a rivedere le catene della produzione. Come dovrebbero attrezzarsi le imprese del Nord Est?

«Penso che stiamo attraversando una fase transitoria del ciclo economico. Il mercato del lavoro è ancora abbastanza positivo e la Banca centrale europea ha avviato una politica meno restrittiva sui tassi che mi auguro possa proseguire. Per questo ritengo che per le imprese la strategia migliore sia continuare ad investire anche alla luce dei problemi legati alla logistica e alle politiche dei dazi che sono in arrivo. Per continuare a commerciare con gli Stati Uniti o la Cina a breve sarà infatti necessario essere presenti in quei Paesi. E per farlo bisognerà investire». —

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © il Nord Est