Manovra, Meloni e i nodi al pettine del Paese

L’analisi di Gurisatti: «Per questo ci predisponiamo al peggio. Non è tanto la guerra, il mercato nero del gas o la spirale dei prezzi, quanto la certezza che i soldi siano davvero finiti, a guidare la riflessione»

Paolo Gurisatti
Italian Prime Minister, Giorgia Meloni (L), with Italian Minister of Economy, Giancarlo Giorgetti (R), ahead of a confidence vote for the new government, at the Chamber of Deputies, the lower house of parliament, in Rome, Italy, 25 October 2022. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
Italian Prime Minister, Giorgia Meloni (L), with Italian Minister of Economy, Giancarlo Giorgetti (R), ahead of a confidence vote for the new government, at the Chamber of Deputies, the lower house of parliament, in Rome, Italy, 25 October 2022. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

A fine dell'anno si fanno i conti. A livello di sistema paese, così come nelle famiglie. Il dibattito sulla finanziaria, ha reso tutti consapevoli che il governo Meloni è davvero l'ultima spiaggia. Per questo ci predisponiamo al peggio. Non è tanto la guerra, il mercato nero del gas o la spirale dei prezzi, quanto la certezza che i soldi siano davvero finiti, a guidare la riflessione.

E allora: niente Mes, basta con il metadone, basta con i rinvii. Guardiamo negli occhi il debito "nazionale", e familiare, e vediamo di arrangiarci da soli.È importante capire perché siamo arrivati a questo punto: perché la Seconda Repubblica ha fallito il proprio obiettivo. È spiacevole, ma è giusto dirlo, per gli anziani di buona memoria e soprattutto per i giovani che non vedono prospettiva.

La Seconda Repubblica è nata per far fronte al deficit accumulato dalla Prima, fino al default del 1992. La scomparsa del partito che più di altri si è assunto responsabilità di governo nel dopoguerra, dà l'idea della portata del cambiamento. Coalizioni di centro-sinistra e centro-destra si sono alternate al comando con strategie differenti, ma con un medesimo, tragico, elemento in comune: non toccare i diritti acquisiti, non fare i conti con il passato, scaricare sulle generazioni future l'onere principale dell'aggiustamento.

I governi di centro-sinistra hanno lasciato intatti previdenza e contratti per i boomer del dopoguerra, ma hanno costruito un sistema di contratti, salari e previdenza "poveri" per i nati dopo il '52. Hanno dato fondo ai gioielli di famiglia, privatizzando asset importanti come le banche, le aziende dell'Iri e i monopoli nazionali di maggior pregio (Telecom e Autostrade).

I governi di centro-destra non sono stati da meno. Hanno continuato a spendere e spandere senza costrutto, millantando pensioni a mille euro, ponti sugli stretti e scintille di capitani coraggiosi, che non hanno saputo fermare il declino. Poi sono arrivati i governi tecnici, che ci hanno messo una pezza, tenendo l'Italia in Europa e trovando metadone a gogò nella Bce, nel Pnrr e in altri scomparti nascosti dei mercati globali. Il giudizio sul paese, tuttavia, non è cambiato.

Il rating del nostro debito è rimasto vicino alla spazzatura. Oggi arriva Meloni a chiudere il cerchio. Mestamente, senza clamore, si predispone a gestire l'inevitabile. Con, almeno, la buona creanza di non scaricare la responsabilità del presente sulle classi dirigenti passate o sull'Europa. Si appella al popolo, Giorgia Meloni, che quelle classi dirigenti ha promosso.Non ce n'è più, dice a chiare lettere, la pacchia è finita. Ma non andremo a elemosinare in Europa e ci arrangeremo da soli. Nel paese in cui i pessimisti non fanno fortuna, l'unico modo per tagliare i nodi irrisolti è evitare l'idea stessa di futuro. Tanti Auguri! Ne avremo bisogno.

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