Le rotte dei container nel Mediterraneo: Trieste vince nel corto raggio

Alla decrescita della globalizzazione, corrisponde la regionalizzazione delle rotte marittime per i traffici commerciali. La crescita nel primo semestre del 2023, sulle tratte intraregionali è stata del 5,6% in confronto allo stesso periodo del 2022, a fronte di una riduzione dei viaggi “deep-sea” est-west del 3%: questi dati rappresentano la conferma di una nuova tendenza dello shipping.
Inoltre il Mediterraneo risulta sempre più centrale con la spinta di Suez. Sono infatti state oltre 23.400 le navi transitate nel 2022, ed entrate per l’Egitto pari a 8 miliardi di dollari (+ 25% rispetto al 2021). In canale è anche un importante “chokepoint” (collo di bottiglia) per il commercio alimentare: vi transitano infatti il 14,6% delle importazioni mondiali di cereali e il 14,5% delle importazioni mondiali di fertilizzanti.
Da ricordare, infine che 380 miliardi del nostro import-export (cioè l’interscambio commerciale dell’Italia) viaggia via mare e che i nostri porti movimentano mezzo miliardo di tonnellate ed oltre 61 milioni di passeggeri l’anno. In questo scenario, lo “shortsea shipping” (il traffico del trasporto marittimo di corto raggio) è un’eccellenza italiana in quanto indica la capacità di un porto di servire le rotte intraregionali, vale a dire navi che partono ed arrivano all’interno di un’area geografica ben definita.
In tale modalità di trasporto l’Italia ha una posizione assolutamente dominante nel Mediterraneo con una quota di mercato di traffico del 40% del totale, come è emerso dal convegno di Intesa Sanpaolo e Srm in occasione della presentazione del X rapporto del mare svoltosi ieri a Napoli (con la partecipazione anche, tra gli altri, di Zeno D’Agostino in qualità di presidente Espo, la European sea ports organisation di Bruxelles).
«Al di là delle positive performance di traffico raggiunte proprio in questo ambito, viene in genere poco citato – commenta Alessandro Panaro, responsabile Maritime & energy di Srm, centro studi che fa capo al gruppo Intesa Sanpaolo - il dato dell’Eurostat che colloca Trieste al primo posto tra gli scali europei che si affacciano sul Mediterraneo con oltre 50 milioni di tonnellate di merci movimentate superando i più blasonati Marsiglia (Francia) e Algeciras (Spagna).
Il tasso di crescita dello “shortsea shipping” di Trieste indica su base decennale un +41,6%, segnale di una dinamica positiva e travolgente che trova conforto anche nel forte imprimatur intermodale del porto che ha superato nel 2022 gli 11mila treni, con l’intermodalità che contribuisce alla sostenibilità del porto e ne rende fluidi i traffici di smistamento delle merci verso ogni destinazione.
Questa impostazione del porto sarà funzionale anche allo sviluppo dei traffici e dei progetti energetici che lo scalo sta mettendo in cantiere grazie ai fondi del Pnrr (per i quali sono già stati fatti i bandi di gara per 160 milioni di euro, ndr.) ed altre numerose iniziative in atto».
In questo scenario, Trieste e l’intero Alto Adriatico non possono che guadagnarci, dal momento che le previsioni di sviluppo sono positive: il commercio marittimo globale aumenterà quest’anno dell'1,8% portandosi a 12,2 miliardi di tonnellate per poi crescere ancora del 3,1% al 2024.
Esso vale circa il 12% del Pil globale. Da ricordare che i traffici Ro-Ro (Roll on-roll off) sono un’ eccellenza italiana. Durante gli ultimi anni il settore è stato tra quelli più resilienti e dinamici. A partire dal 2013 è aumentato del 55% (contro una crescita del totale delle merci del 7%).
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