La crisi Russia-Ucraina può peggiorare il caro prezzi per l’agricoltura, mais in testa
I rincari scattati con il 1° gennaio hanno già appesantito i bilanci delle aziende agricole venete, schiacciate dal balzo dei costi energetici che hanno segnato il 2021. Un’ulteriore impennata dei costi sarebbe una batosta per filiere come quella zootecnica, che già sta lavorando pesantemente in perdita

VICENZA. Mais molto a rischio a causa della crisi Russia-Ucraina. L’allarme arriva da Confagricoltura Veneto. Una delle principali colture della pianura veneto-friulana, con l’avvicinarsi del tempo della semina in primavera potrebbe essere infatti particolarmente colpita dal caro fertilizzanti e dal caro energia, acutizzati dalle forti tensioni di queste settimane tra Occidente e Mosca.
Nel panorama delle filiere internazionali dell’agricoltura, Russia e Ucraina sono due importanti produttori ed esportatori cerealicoli e di fertilizzanti. Anche verso l’Italia. I due Paesi rappresentano insieme non solo circa un terzo dell’export mondiale di grano, ma vendono all’estero anche importanti volumi di olio di girasole e mais, indispensabili per gli allevamenti di polli e suini. Inoltre la Russia è, assieme alla Cina, tra i maggiori produttori al mondo di fertilizzanti a base di azoto e fosforo, molto utilizzati nelle grandi colture come appunto il mais.
«Le tensioni internazionali di queste settimane hanno fatto schizzare in alto il prezzo del mais per l’alimentazione animale, salito del 5% negli ultimi sette giorni», commenta Lodovico Giustiniani, presidente di Confagricoltura Veneto.
«È una guerra di nervi che scatena una guerra commerciale, con rischio di speculazioni che fanno andare in fibrillazione sia il mercato dei cereali, sia quello dei mangimi e quello delle materie prime indispensabili per far funzionare le aziende agricole. I rincari scattati con il 1° gennaio hanno già appesantito i bilanci delle aziende agricole venete, schiacciate dal balzo dei costi energetici che hanno segnato il 2021. Un’ulteriore impennata dei costi sarebbe una batosta per filiere come quella zootecnica, che già sta lavorando pesantemente in perdita».
A ciò si aggiunge il fatto che la Russia ha anche ridotto l’export dei fertilizzanti a base di azoto e fosforo. E, segnala l’Ispi - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, Mosca potrebbe influenzare un ulteriore rialzo anche del prezzo, già ai massimi storici negli ultimi 13 anni, dei fertilizzanti potassici esportati dalla Bielorussia, Paese senza sbocco al mare politicamente molto vicino a Mosca.
Questo perché la Repubblica baltica della Lituania, membro Nato e Ue, ha recentemente deciso di interdire l’utilizzo del suo porto di Klaipeda alle merci bielorusse. Una mossa che, secondo l’Ispi, rischia però di avere un effetto boomerang perché l’export di fertilizzanti potassici bielorussi, che ammonta a 12,5 milioni di tonnellate l’anno e rappresenta la principale fonte di entrate per Minsk, passerà ora attraverso i porti russi, dando a Mosca quindi ulteriore leva sui mercati internazionali di questo prodotto.
«Per ora la situazione non è ancora critica, ma entro un mese e mezzo cominceremo ad avere un grande fabbisogno di questi concimi per la coltivazione del mais», spiega Giuliano Bonfante, presidente del settore cereali da foraggi di Confagricoltura Veneto. «Gli stabilimenti italiani hanno ridotto la produzione di queste sostanze, perché i costi sono troppo elevati. Ci preoccupano anche i costi, che potrebbero rendere meno conveniente coltivare il mais da foraggio rispetto alla soia, che ha costi minori di produzione. È importante mantenere la filiera italiana della produzione di cereali da foraggio, come il mais, il triticale, l’erba medica e l’insilato. Ma si stanno accumulando troppe situazioni negative, compresa la siccità che perdura da mesi, con il rischio che si vadano a perdere posizioni sul mercato».
Già un mese fa le associazioni di categoria del settore primario, Confagricoltura e Coldiretti, avevano segnalato la situazione molto pesante del caro fertilizzanti. In particolare il prezzo dell’urea, molto utilizzata per la preparazione dei terreni, più che raddoppiato da 350 a 850 euro a tonnellata. Quello del fosfato biammonico Dap raddoppiato da 350 a 700 euro a tonnellata. E in media aumenti del 60% per gli altri concimi e del 30% dei mangimi. Il tutto con una forte ricaduta immediata come aggravio di costi sul comparto zootecnico e nel giro di qualche mese anche sui seminativi.
Una situazione molto preoccupante anche per l’industria italiana dei fertilizzanti. Lo evidenzia Giovanni Toffoli, Presidente di Assofertilizzanti – Federchimica. «Come Associazione continuiamo a monitorare con estrema attenzione le evoluzioni in atto nel mercato, in particolar modo quello energetico, esprimendo forte preoccupazione per la gestione di dinamiche al di fuori del nostro controllo come imprese.
Fattori esogeni quali l’aumento della domanda di fertilizzanti a livello mondiale, le interruzioni negli approvvigionamenti, ma soprattutto, la presenza di prezzi eccezionalmente alti del gas (che rappresenta non solo una fonte di energia di primaria importanza, ma è anche una delle materie prime fondamentali per alcune tipologie di produzioni), hanno fortemente aggravato, in termini di costi, la produzione di fertilizzanti.
Questo ha comportato, nostro malgrado, significative riduzioni nelle produzioni e chiusure di impianti temporanee in tutta Europa. Si tratta di elementi con cui le nostre imprese sono costrette a fare i conti e che ci stiamo impegnando ad affrontare quanto più possibile. Sappiamo che le autorità competenti sono consapevoli delle forti criticità presenti e stanno ragionando sulle più opportune misure, ma c’è bisogno di un’azione quanto più tempestiva possibile», dichiara Toffoli.
«L'industria dei fertilizzanti italiana ed europea sta lavorando duramente per riuscire a soddisfare la domanda in modo sostenibile, proseguendo negli sforzi di decarbonizzazione e cercando di risolvere le criticità lungo la catena di approvvigionamento.
I considerevoli investimenti sin qui affrontati rischiano di essere messi in discussione dalla situazione attuale, che vede le imprese costrette a decisioni difficili e complesse, che si riflettono, inevitabilmente, anche sul prezzo dei fertilizzanti. Ciò rischia di compromettere il corretto uso e la corretta gestione dei piani di nutrizione da parte degli agricoltori, con conseguenze anche nelle rese e nella capacità di produrre cibo sufficiente e di qualità».
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