Industria affamata di legno: quello da riciclo scarseggia
Paolo Fantoni, amministratore delegato di Fantoni spa e presidente di Assopannelli, fa il punto sul settore che sconta la difficoltà di reperimento della materia prima, l’impennata dei costi dell’energia e dei prezzi dell’urea

UDINE. L’industria nazionale dei pannelli ha fame di legno da riciclo. Dopo vent’anni di continua crescita del tasso di recupero del legno, al ritmo di 3/4 punti percentuali di aumento anno su anno, dal 2020 è iniziato un periodo di contrazione dovuto al Covid prima e al caro energia poi che ha portato, a fine 2021, a uno sbilanciamento tra la domanda ancora sostenuta e l’offerta invece in forte calo.
Oggi quello squilibrio permane, aggravato dall’impatto del conflitto in Ucraina, che ha fatto lievitare il costo di alcune materie prime essenziali alla produzione dei pannelli come l’urea (fondamentale per la produzione della colla), schizzata dai 230 euro a tonnellata di gennaio 2021 ai 1.300 euro a tonnellata di oggi, e dallo stop alle esportazioni di legno deciso da Francia e Svizzera per privilegiarne l’uso interno a fini di combustione.
Risultato: le imprese italiane produttrici di pannelli, concentrate per lo più nel nord Italia, tra Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna, faticano ad approvvigionarsi e quando ci riescono sono costrette a sostenere costi tali da erodere i margini.
A dipingere il quadro, che si misura con un mercato, quello del mobile, che vive ancora l’onda del rimbalzo post pandemico, è Paolo Fantoni, presidente di Assopannelli nonché amministratore delegato di Fantoni spa, una delle società leader in Italia nella produzione di pannello Mdf e truciolare, che ha vissuto sulla sua pelle queste dinamiche, compresa la difficile decisione di fermare, per qualche giorno, la produzione di truciolare.
«La situazione che stiamo vivendo è il risultato di diversi fattori - commenta Fantoni -. Dall’alto costo dell’energia alla minor disponibilità di legno da riciclo, che certi Paesi stanno usando a fini termici come negli ultimi sei mesi Francia e Svizzera, che così hanno sottratto all’Italia la fornitura di circa 500 mila tonnellate di legno da riciclo sui 3,5 milioni di tonnellate di fabbisogno annuo».
A questo si aggiunge l’exploit del pellet che ha raddoppiato il valore di mercato. Oggi lo si vende a 400 euro a tonnellata, il doppio rispetto a un anno fa. «Il che - continua Fantoni - consente ai produttori, molti dei quali austriaci, di comprare segatura ma anche legno vergine per aumentare produzione, materia prima che rastrellano in casa loro e anche nostra, inficiando il principio dell’uso a cascata del legno, quel circolo virtuoso innescato in Italia con il decreto Ronchi (1997), che ha visto il recupero in misura via via crescente del legno da riciclo e il suo reimpiego nella produzione di pannelli e dunque mobili».
Un impegno non privo di oneri. Il prezzo del legno da riciclo franco partenza è infatti negativo, appesantito dai costi di trasporto, sostenibili solo grazie al contributo di Rilegno, che limitano il raggio di approvvigionamento delle aziende: oltre certe distanze non c’è più sostenibilità economica delle produzioni. Sostenibilità che alla luce dei tanti rincari i produttori si sono garantiti operando, nell’arco dell’ultimo anno e mezzo, svariati ritocchi al listino. Anche in casa Fantoni. «Negli ultimi 18 mesi abbiamo ritoccato il listino 7 volte» fa sapere l’imprenditore.
Il prezzo del pannello truciolare è schizzato a 300 euro al metro cubo, l’Mdf a 500 euro contro, rispettivamente, i 130 e 240 euro di un anno fa. Fortunatamente il mercato finale, quello del mobile, sostenuto da una richiesta ancora alta, è tutt’ora in grado di assorbire i prezzi. Ma per quanto? E con quali rischi in termini di competitività? Per Fantoni il problema non sta tanto in Europa, quanto fuori dal Vecchio continente. «In Nord America, ad esempio, dove non ci sono i nostri costi di chimica ed energia e il rischio di perdere competitività è reale – conclude - come pure sui mercati cinesi».
Una delle soluzioni per far fronte alla penuria di materia prima, secondo il presidente di Assopannelli, è spingere per un maggior uso delle risorse boschive del territorio. Risorse che, nel solo Friuli Venezia Giulia, sono pari a 1 milione di metri cubi di legno l’anno, a tanto ammonta l’accrescimento del bosco che equivale alla fetta teorica di legno prelevabile. Teorica perché poi, per essere portato fuori dal bosco, il legno ha bisogno di piani di utilizzazione boschiva, viabilità forestale, aziende e mezzi adeguati. Nel 2020 e 2021, causa la tempesta Vaia, c’è stata una forte accelerazione, che ha spinto il prelievo di legno sopra le 200mila tonnellate, il 20% dell’accrescimento. «Dovremmo puntare almeno a raddoppiare quella percentuale. Si può fare. Lo dimostra il Trentino Alto Adige che è arrivato al 60%».
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