Un orizzonte africano per il gruppo Samer: potenzialità enormi

Enrico Samer, presidente dell’azienda di trasporti marittimi, mira a replicare il modello Turchia. «Qualsiasi tratta

ferroviaria dalla Cina o dall’India non può sostituire decine di navi che arrivano ogni giorno in porto»

Giorgia Pacino

Lo studio, inondato di luce, domina uno dei punti più belli di Trieste.

A sinistra l’affaccio su piazza Unità, alle spalle uno spicchio di mare, Enrico Samer siede saldo alla scrivania e alla guida di un gruppo con più di cento anni di storia nel mondo dei trasporti.

Agente e broker marittimo, spedizioniere internazionale, terminalista portuale, ma anche presidente della Pallanuoto Trieste, mecenate con il progetto Trieste Campus – la cittadella dello sport riqualificata in centro città – e più di recente Cavaliere del Lavoro.

«Sono sempre stato convinto che gli imprenditori debbano lasciare qualcosa sul territorio. Non basta dire “diamo lavoro a 700 persone”, quelle servono all’azienda. Bisogna creare qualcosa».

E più di qualcosa ha creato la Samer&Co. Shipping, 120 milioni di consolidato e società partecipate in Albania, Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Montenegro, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Ungheria.

La compagnia che ha ideato e realizzato l’autostrada del mare fra Trieste e la Turchia, poi affiancata da quella fra Trieste e l’Egitto grazie alla collaborazione con Dfds, oggi guarda al Nord Africa per aprire nuove rotte e al Sud Est Europa per ampliare il suo bacino di influenza.

«Da anni, spazi portuali permettendo, vorremmo riprodurre il modello Turchia in altri Paesi, perché c’è la possibilità di farlo», assicura il presidente e ad.

La rotta marittima di servizi ro-ro da e per Istanbul ha permesso di aggirare i problemi di transito prima in Bulgaria, poi in Grecia ed ex Jugoslavia.

Rivelandosi così conveniente che, anche una volta cessate le difficoltà su strada, le grandi case camionistiche turche hanno continuato a preferire il mare.

In Libia, Libano, Algeria, Marocco la situazione è diversa perché «non c’è un trasporto internazionale che va verso l’Europa, spesso anche il traffico interno è ridotto. Bisogna creare una flotta e far sì che il traffico sia bilanciato, perché le navi siano piene in una direzione e nell’altra».

Rendere la linea economicamente vantaggiosa è, dunque, più complesso, ma renderebbe più competitivi gli autotrasportatori italiani che vogliano strutturarsi in quei Paesi e contribuirebbe a rafforzare le attività bilaterali anche nell’ottica del Piano Mattei varato dal governo.

«L’Egitto è stato il primo Paese perché si hanno più rapporti, in Siria si è ripartiti con una linea dalla Turchia ma non ci sono ancora i volumi. Marocco, Algeria, Libia hanno potenzialità enormi, ma perché le navi non si fermino nel Tirreno e arrivino fino in Adriatico occorre che la merce sia destinata al Centro ed Est Europa».

A meno di forti flussi di traffici verso quell’area, per Trieste e l’Adriatico il limite geografico resta, dunque, l’Egitto. «Speriamo che in ottobre, con un aumento dei traffici dopo quasi un anno di collaudo, si possa arrivare a due navi a settimana, che rendano l’autostrada del mare più attraente rispetto al full container».

Anche perché, dice Samer, nonostante le tensioni geopolitiche globali e le prospettive di nuovi corridoi intermodali – dalla Via della Seta alla Via del Cotone – i traffici non si spostano in un giorno e il «tutto nave esisterà sempre».

«Sono vie importanti da studiare, ma non alternative. Qualsiasi tratta ferroviaria, che sia dalla Cina o dall’India, non può sostituire decine di navi da 25 mila Teu che arrivano ogni giorno in porto. I treni possono offrire un valido supporto, ma non sostituiranno mai questo tipo di trasporto marittimo».

Di questa complementarietà tra le diverse, possibili rotte dovrebbe approfittare il porto di Trieste, da sempre orientato sul Mediterraneo orientale e l’oltre Suez.

Nell’analisi dell’imprenditore neppure la chiusura del Mar Rosso ha inciso in maniera significativa sullo scalo: l’attuale calo del traffico di container si deve, più che alle contingenze internazionali, alla fine dell’alleanza strategica tra Maersk e Msc. Fine che «si auspica possa portare a un aumento di traffico su Trieste: essendo anche proprietaria all’80% del terminal container, Msc ha tutto l’interesse a portare qui le navi più grandi».

Decisivi saranno, per Samer, gli investimenti infrastrutturali: la piattaforma logistica, il Molo VIII, l’area riconvertita dell’ex Ferriera e tutto il terminal ungherese. «Il porto di Trieste è uno dei pochi con un piano regolatore già approvato che permette ancora la costruzione di molte infrastrutture. Un imprenditore che volesse creare ulteriori spazi può farlo subito».

Sulle infrastrutture sta investendo la stessa Samer&Co Shipping. Il gruppo dispone di due terminal ro-ro, assieme agli armatori del porto commerciale, e di un terminal heavy lift, impiantistica e rinfuse nel porto industriale, dove si sta lavorando per completare il banchinamento.

Con la partecipazione in Biovalley Group il gruppo Samer investe anche nello sviluppo di startup biotech. La più promettente è la Nl composites di Monfalcone, che ha sviluppato prodotti riciclabili in grado di sostituire la vetroresina nel mercato della nautica e nel settore eolico.

La società sta investendo in questi mesi sulla costruzione di un capannone industriale.

«Oggi il nostro maggiore sforzo a livello di investimenti non è però infrastrutturale, ma riguarda l’espansione del network», spiega il presidente.

«Da meno di un anno abbiamo avviato grossi investimenti in Turchia e in Austria, mercati molto competitivi e che mostrano le maggiori potenzialità di crescita. L’intenzione è espandere il network in Paesi vicini per completare la nostra strategia per il prossimo futuro. Continueremo a lavorare in Europa occidentale e in Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti e Canada attraverso i nostri partner, per poter offrire i nostri servizi sul Sud ed Est Europa». —

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