Ue bocciata dalle imprese: «Politiche inadeguate, rischio delocalizzazione»
Dall’assemblea di Confindustria Vicenza e Verona è arrivata una bocciatura senza mezzi termini per Bruxelles

L’Unione Europea sta sbagliando tutto in campo economico e la sua burocrazia soffocante logora le imprese.
La bocciatura senza mezzi termini per Bruxelles è stata scandita dai presidenti di Confindustria Vicenza, Barbara Beltrame Giacomello, e Confindustria Verona, Giuseppe Riello, dal palco dell’assemblea pubblica congiunta 2025 delle due organizzazioni provinciali, riunita presso la sede di Ebara Pumps Europa a Torri di Confine (Gambellara).
Era dal 2012 che gli imprenditori di Confindustria Vicenza e Verona, cioè il Veneto occidentale che genera il 47% dell’export regionale e il 6% di quello nazionale, non si ritrovavano assieme.
Un’era fa, economicamente e politicamente sia come scenario globale sia come situazione europea. Titolo dell’assemblea: “La nuova industria nel caos mondiale”.
Accusate di non essere all’altezza della situazione, anzi controproducenti per il futuro della manifattura, sono state soprattutto le politiche Ue: dal Green Deal alle norme sull’automotive, dalla mancanza di un chiaro piano industriale ai costi dell’energia.
Non sono comunque mancate le critiche pure alle politiche economiche italiane, in particolare al piano Industria 5.0, ritenuto poco efficace nello smuovere gli investimenti. Ma su questo punto il ministro dell’industria Adolfo Urso (che ha sostituito il collega Giancarlo Giorgetti, che ha dato forfait suscitando qualche malumore in platea) ha ribattuto che grazie alle semplificazioni apportate nell’ultimo anno c’è stata un’accelerazione delle richieste, che hanno superato il valore di 2 miliardi di euro e dovrebbero arrivare a 2,5 miliardi entro fine 2025 rispetto ai 6 miliardi stanziati. Il ministro ha inoltre rimarcato che l’Italia è tra i paesi europei più avanti nell’impiego dei fondi Pnrr e che il governo nella legge di bilancio sta lavorando al finanziamento dei contratti di sviluppo.
Per Beltrame Giacomello occorre però fare molto di più. Per esempio, sarebbe opportuno spostare tutti i fondi del Pnrr che non si riusciranno a spendere entro la scadenza prevista di metà 2026 su una nuova misura semplificata per gli investimenti delle imprese.
E si tratta, prevedibilmente, di decine di miliardi euro. Mentre Riello ha sollecitato regolamentazioni e agevolazioni per attrarre nel Nord Est aziende manifatturiere e non solo logistiche, così come fanno regioni contigue in Austria e nei Balcani Occidentali.
L’importante, secondo gli industriali, è essere rapidi. «Se non agiamo subito – ha sollecitato la presidente di Confindustria Vicenza – ci sarà una delocalizzazione silenziosa delle aziende. Abbiamo competenze manifatturiere che tutto il mondo ci invidia, non disperdiamole, dobbiamo essere trainanti e non trainati».
Forte poi il richiamo alla questione demografica: «Più che i bonus bebé servono asili con orari che incontrano le esigenze dei genitori che lavorano – ho sottolineato Riello– e politiche attive sull’immigrazione anche verso giovani nipoti e pronipoti di italiani emigrati, come per esempio scuole professionali nei paesi di origine e alloggi per ospitarli».
Il presidente nazionale Emanuele Orsini ha poi evidenziato come senza la spinta del Pnrrl’economia italiana sarebbe in recessione. «Per le pmi servono misure automatiche e di facile attuazione, non legate ai vincoli dell’Ue che ci ha portato fuori strada. Mentre le grandi imprese per fare investimenti hanno bisogno che si modifichino i contratti di sviluppo, che oggi non funzionano perché ci vogliono tre anni solo per fare un’istruttoria».
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