Torrefazione Goriziana pronta a sbarcare in Messico

L’azienda isontina è passata da un fatturato di 7 milioni nel 2022 a oltre 10 milioni nel 2024. Il presidente Mitja Rogelja: «L’82% dei ricavi all’estero, il made in Italy è molto apprezzato»

Maria Chiara Pellizzari
La fabbrica della Torrefazione Goriziana
La fabbrica della Torrefazione Goriziana

«Oggi la sfida è gestire numeri, tecnologia e qualità: il caffè non si improvvisa più».

Mitja Rogelja, presidente di Torrefazione Goriziana, racconta l’evoluzione di un’azienda nata nel 1967 in uno scantinato e diventata uno dei player più dinamici del settore

 Il fatturato negli ultimi anni è esploso, passando dai 7 milioni del 2022 agli 8,3 del 2023, fino a superare i 10 milioni nel 2024.

«Realizziamo l’82% dei ricavi all’estero, grazie a una presenza commerciale in 36 Paesi. L’appeal del Made in Italy è molto sentito».

L’avventura fuori dai confini nazionali è iniziata nel 1994, quando è entrato in azienda Mitja Rogelja:

«Uno dei due fondatori voleva vendere le quote dell’azienda, mio padre le ha acquistate. Da lui ho ereditato anche lo spirito commerciale. Così abbiamo iniziato a costruire una rete internazionale».

Un’operazione portata avanti insieme al socio e amministratore delegato Antonio Crobe, figlio di uno dei fondatori.

«Quando sono entrato in azienda, nel 1994, la commercializzazione era locale - racconta Rogelja. - La svolta vera è arrivata nei primi anni Duemila. Dopo aver lavorato a lungo con l’ex Jugoslavia, abbiamo stretto importanti contatti con Russia, Austria, Germania, Israele. Paradossalmente, in Ucraina le vendite sono lievitate durante il conflitto nei territori ai confini con l’Ue, perché il caffè resta un bene appetibile e accessibile».

Tra le sfide, quelle dei costi.

«Negli ultimi due anni la materia prima è aumentata del 150-200%. Gli incrementi, dovuti a vari fattori, tra cui i cambiamenti climatici, l’aumento della domanda mondiale, ma anche la logistica e la speculazione finanziaria hanno messo sotto pressione i margini. Abbiamo scelto di accettare un lieve calo di marginalità, rivedendo i listini ma contenendo i rincari per tutelare i clienti».

La produzione negli anni è lievitata: «Siamo passati da 500 a 1200 tonnellate annue».

Diversi i progetti in corso per aprire nuovi canali: «Abbiamo instaurato una collaborazione con un’istituzione della ristorazione messicana creando una nuova miscela con anima messicana e qualità italiana che lanceremo a novembre in Città del Messico». La forza dell’azienda? «Con i nostri marchi, Goriziana Caffè, Go Caffè, San Giusto, siamo apprezzati nel mondo. Sono orgoglioso di dire che alle Mauritius il 70% dei resort offre il nostro caffè Made in Gorizia con marchio personalizzato. E poi ci sono le nostre miscele private label per vari clienti».

Con 18 dipendenti e uno stabilimento che coniuga automazione e artigianalità, l'azienda sta puntando anche sui nuovi trend di mercato:

«Oltre alla linea biologica, stiamo investendo su micro lotti della linea specialty, prodotto di altissimo livello, di nicchia, la cui richiesta sta crescendo all’estero e piano piano anche in Italia. C’è poi un aumento di richiesta di caffè in grano per uso domestico e delle cialde in carta, biodegradabili e sostenibili».

L’innovazione continua, su più fronti: «Stiamo investendo in un nuovo sistema gestionale per monitorare in tempo reale l’intero processo produttivo, dalla tostatura al confezionamento, partendo dai numeri». E poi c’è l’Italian Barista Lab, fondato nel 2015: «Nella nostra scuola prepariamo baristi, formiamo distributori: un buon caffè parte anche da chi lo serve». —

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