Petrucco: «Infrastrutture e restauri, le imprese del Nord Est in campo per l’Ucraina»
L’analisi del presidente della Federazione dell’industria europea delle costruzioni: «La sfida sarà la ricostruzione di oltre il 13% del patrimonio abitativo distrutto»

«Le buone intenzioni da sole non bastano, servono regole chiare e garanzie per le nostre imprese». Piero Petrucco, presidente della Federazione dell’industria europea delle costruzioni e amministratore delegato di Icop, ha partecipato a Roma alla Conferenza per la ripresa dell’Ucraina per discutere del futuro del Paese e per parlare di alcuni progetti già attivi sul territorio martoriato dal conflitto.
I numeri sono enormi: dei 506 miliardi di euro stimati, si ipotizza un fabbisogno di almeno 81 miliardi per il settore abitativo, 75 miliardi per i trasporti e 12,6 miliardi solo per lo smaltimento delle macerie. I settori più colpiti sono l’edilizia residenziale, con oltre il 13% del patrimonio abitativo distrutto o danneggiato e più di 2,5 milioni di famiglie coinvolte, e i trasporti e le infrastrutture, con danni diretti pari a 18,1 miliardi di euro e oltre 25.000 chilometri di strade e più di 340 ponti danneggiati o distrutti e circa il 50% della rete ferroviaria nelle aree prossime al fronte compromessa.
A che punto siamo davvero con la ricostruzione dell’Ucraina?
«Oggi si può fare ancora poco, principalmente per l’assenza di coperture assicurative. Le imprese, anche le più strutturate, non possono operare senza garanzie minime in un contesto così instabile. È una questione fondamentale, che frena l’avvio di qualsiasi lavoro sul campo».
Eppure l’Europa parla di grandi piani e risorse importanti.
«È vero, ci sono impegni dichiarati, risoluzioni, conferenze. Ma senza regole chiare su come verranno fatte le gare, chi le gestirà e come saranno tutelate le imprese, il rischio è che resti tutto sulla carta. Dobbiamo costruire percorsi progettuali concreti, con codici chiari e meccanismi trasparenti».
A Roma ha parlato anche del ruolo delle imprese.
«È fondamentale che i fondi Bei arrivino alle imprese europee. In questo momento in Ucraina vediamo una forte presenza di operatori turchi: sono attivi, rapidi, ben radicati. Se vogliamo esserci, dobbiamo organizzarci come sistema. Le imprese italiane hanno tanto da offrire, ma non possono muoversi da sole».
Che tipo di spazio c’è per le imprese del Nord Est?
«Ci sono ampie opportunità, soprattutto nel restauro, nel ripristino, nelle tecnologie ad alta specializzazione. È importante lavorare in filiera. Il nostro Paese ha eccellenze nelle infrastrutture complesse per arrivare anche all’arredamento. Sarà importante tenere tutto unito. La presenza va costruita ora e credo poco alla singola impresa che va lì a cercare commesse».
E nel settore residenziale?
«Anche lì serve un approccio di filiera. La ricostruzione di oltre il 13% del patrimonio abitativo distrutto o danneggiato non si può affrontare con iniziative isolate. Bisogna ragionare per aggregazioni, consorzi, progetti condivisi. Serve una visione integrata per garantire sostenibilità ambientale e coesione sociale».
Cosa pensa dell’adozione di Odessa da parte dell’Italia?
«È un’ottima iniziativa, perché permette di creare rapporti diretti con le comunità locali, costruire fiducia, comprendere bisogni reali. Ricostruire non è solo ricostruire muri, ma fiducia, istituzioni, relazioni».
Cosa vi proponete di fare come associazione di categoria?
«Costruire una rete in cui rientri tutta la filiera delle costruzioni, dagli architetti alle aziende di componenti. Nella ricostruzione dobbiamo puntare ai lavori di nicchia, di ricostruzione dei palazzi storici. La vera chance dell’Italia sia valorizzare al massimo la struttura delle sue piccole e medie imprese con le sue grandi capacità».
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