Tasse e regole sul riciclo contro i big del Fast Fashion

A Venezia il Sustainable Fashion Forum con Confindustria Moda, Teha e Confindustria Veneto Est. Carron: «L’export della moda veneta è crollato del 4,5% nel primo semestre del 2025»

Isabel Barbiero

Ultra fast fashion, il virus della moda che infetta il Made in Italy veneto. Come fermare il contagio?

La cura, secondo Confindustria Veneto Est, passa da regole uguali per tutti, una profilassi che coinvolga anche i colossi extra-Ue Shein, Temu e AliExpress - i giganti della moda lampo a prezzi stracciati - imponendo loro, tramite la Responsabilità estesa del produttore (EPR), di contribuire ai costi di raccolta, riciclo e smaltimento dei capi venduti nel mercato europeo.

Serve poi una digital tax doganale sui pacchi sotto i 150 euro, oggi esenti da dazi e iva, per colmare una falla normativa che permette a grandi piattaforme di scaricare milioni di articoli a basso costo senza alcun onere fiscale.

E allora occhi puntati sulle norme «anti-penetrazione dei pacchi» al Venice Sustainable Fashion Forum 2025 in Fondazione Cini a San Giorgio, promosso da Confindustria Moda, The European House – Ambrosetti e Confindustria Veneto Est, che quest’anno si muove attorno al tema “Harmonizing Values”.

«L’export della moda veneta è crollato del 4,5% nel primo semestre del 2025», ha esordito nel suo discorso Paola Carron, presidente di Confindustria Veneto Est, «mentre le importazioni sono volate del 4,3%, con la Cina in testa a +9%: ogni giorno, migliaia di pacchi sotto i 150 euro arrivano nelle nostre case senza pagare dazi e senza controlli doganali, un’invasione silenziosa ultra low cost che dobbiamo sopprimere».

Le esportazioni soffrono, e con l’ultra fast fashion il buio è totale. Il presidente di Confindustria Moda, Luca Sburlati, parla di una vera e propria «invasione di cavallette»: onere crescente per lo smaltimento di merce scadente, ma anche degradazione culturale.

«Come chi consuma solo cibo spazzatura perde la capacità di discernere, così il modello di consumo giovanile si sta alterando: evitare che la seconda industria del Paese tracolli come l’automotive» avverte. Per immunizzare le 10 mila imprese venete - maglifici, occhialerie, concerie, calzaturifici e pelletterie, che danno lavoro a 100mila persone e generano un fatturato complessivo di 18 miliardi, è indispensabile anche rendere obbligatorio il passaporto digitale del prodotto.

Questo, contro la minaccia della moda iperveloce, deve dettagliare origine, produttore, materiali impiegati e condizioni di lavoro, supportato da audit indipendenti e sanzioni rigorose per il mancato rispetto degli standard di sicurezza, lavoro e sostenibilità. Infatti oggi, oltre alle informazioni superficiali sulle fibre - prevalentemente sintetiche, miste e non riciclabili - la filiera produttiva resta un’enigma. E il costo medio di un capo Shein è 14 dollari, contro i 26 di H&M e i 34 di Zara, mentre Temu offre prezzi ancora inferiori, dal 10 al 40% in meno rispetto a Shein. «Non è tanto il lusso a essere minacciato, quanto la filiera più bassa» spiega Andrea Favaretto Rubelli, amministratore dell’omonima azienda tessile veneziana, «perché molti eccellenti produttori italiani sono gli stessi fornitori di fast fashion, come i mobili italiani venduti ad Ikea». Presentato al Forum anche “Just Fashion Transition 2025”, che evidenzia come la guerra dei dazi e le tensioni geopolitiche scatenino una volatilità tale da soffocare l’export.

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