Le nuove strade di Somec. «Dopo il ritorno all’utile acquisizioni nel 2026»
I progetti di Oscar Marchetto, presidente dell’azienda con sede a San Vendemiano

Oscar Marchetto, presidente di Somec, sintetizza così l’anno che si sta avviando alla chiusura: «Va bene, discretamente bene, anche se un imprenditore vorrebbe sempre di più». La bussola è chiara: consolidare quanto acquisito, ridurre il debito e rafforzare l’organizzazione.
«Nel 2023 abbiamo fatto pulizia delle commesse pre-Covid. Da lì siamo poi riusciti a ripartire con basi più solide», spiega Marchetto all’interno del suo ufficio a San Vendemiano da dove guida un’azienda che nel primo semestre 2025 ha registrato ricavi per 192,7 milioni di euro (+3,9%), un Ebitda in crescita del 24,1% e un ritorno all’utile con 2,036 milioni (contro -1,2 milioni un anno fa).
E in una fase storica sempre più caratterizzata dall’incertezza geopolitica e dei mercati, Somec è riuscita a realizzare un equilibrio geografico che come effetto diretto ha la riduzione dei rischi. L’Europa ha infatti contribuito per il 51,5% al fatturato di Somec e gli Stati Uniti per il 43,5%, a testimonianza di questo bilanciamento. «Continuiamo su questa strada: ridurre la posizione finanziaria netta, crescere con margini più alti e tornare a operazioni straordinarie dal 2026», sottolinea Marchetto.
Dazi, navi e refit
Le misure protezionistiche americane non spaventano. «Abbiamo fabbriche negli Stati Uniti», aggiunge, «il tema si gestisce, riallineando acquisti o prezzi. Europa e Stati Uniti, che concentrano il 70% della ricchezza mondiale, restano il baricentro». Medio Oriente e Cina offrono opportunità ma meno certezze regolatorie, mentre l’Africa è vista come la prossima frontiera: «Terre rare e una classe media in crescita la rendono interessante, ma intanto preferiamo concentrare gli sforzi su Europa e Stati Uniti, evitando dispersioni».
A garantire stabilità al business è la crocieristica, motore storico del gruppo. «Gli armatori hanno ordinato navi fino al 2036: dieci anni di visibilità che toccano tutte le nostre divisioni - Horizon, Talenta e Mestieri. Gli utili sono tornati robusti, i biglietti costano di più e a bordo il modello è quello di un parco esperienze, con ristoranti, casinò, negozi. Il passeggero non rinuncia al tempo libero, taglia altrove ma spende in vacanza». Quest’anno a livello globale sono attesi 37 milioni di crocieristi, dai 29 del 2019.
Non solo navi nuove: c’è il grande ciclo del refit, ossia l’ammodernamento delle 300 unità esistenti. «Il cliente accetta di pagare un sovrapprezzo per un’esperienza su una nave rinnovata. Per noi è un business parallelo e duraturo, e resta al riparo dai dazi perché concentrato in Europa e Caraibi».
Tra artigianato e borsa
Se Horizon e Talenta sono le colonne tecnologiche, Mestieri è il laboratorio artigianale che mette insieme falegnami, marmisti, decoratori, vetrai, artigiani del Nord Est e non solo. «Un falegname», spiega Marchetto, «non può crescere e diventare un’industria da 50 milioni, ma se entra in una rete allora può crescere. Noi diamo supporto su finanza, certificazioni, sostenibilità e logistica. Entriamo con quote di minoranza, così restano motivati e protagonisti».
Una nuova sede a San Biagio integrerà progettazione e produzione. Intanto negli Stati Uniti la controllata Fabbrica si afferma nei grandi cantieri del lusso, tra New York, Miami e Los Angeles. «Gli Stati Uniti valgono il 45% del nostro fatturato. Quando i tassi scenderanno, i grandi progetti ripartiranno a cascata: lì le crisi sono a U, il rimbalzo è sempre veloce».
Per quanto riguarda la Borsa le idee sono chiare: «La quotazione ti dà disciplina: obiettivi, governance, regole che evitano improvvisazioni. Oggi il titolo non riflette i numeri e qualcuno penserebbe al delisting, ma io ci credo. Prima o poi il mercato si accorge dei risultati». La Borsa è anche uno strumento per il passaggio generazionale: «Permette l’ingresso di manager e soci esterni. Non è solo un fatto familiare: è una struttura che garantisce continuità».
Le sfide della sostenibilità
Marchetto osserva sul tema un cambio d’umore degli investitori: «I fondi oggi guardano più alla sicurezza che al green. Ma per noi l’Esg resta: bilancio di sostenibilità, rating esterni, processi. È un costo, ma i grandi clienti lo pretendono. Non è solo ambiente: è anche benessere delle persone e filiera». Con Mestieri, anche piccole realtà artigiane accedono a certificazioni che da sole non avrebbero. «È un vantaggio competitivo: chi lavora per i grandi marchi deve dimostrare sostenibilità».
Restano però le difficoltà dell’Italia nel creare le condizioni per fare sistema. Alla fiera Seatrade di Miami la fotografia è stata impietosa. «Spagna e Germania hanno stand unici», racconta Marchetto, «noi venti stand regionali in concorrenza tra loro. Serviranno generazioni per cambiare». Il Nord Est resta però un giacimento di opportunità: «Ci sono aziende di prima generazione guidate da imprenditori oltre gli ottant’anni. È un problema per i passaggi, ma anche un’occasione di acquisizioni. I fondi hanno orizzonti temporali spesso brevi, servono progetti industriali di lungo periodo».
Le sfide future
«Chiudere la riorganizzazione e dal 2026 avviare acquisizioni mirate: artigiani di qualità, tasselli per completare la catena del valore». Intanto ottobre porterà a Milano la grande fiera mondiale della ristorazione professionale, dove Talenta presenterà cucine e forni per pizzerie. «Un settore che cresce da cinquant’anni: i forni si cambiano, le cucine lavorano duro, i locali aumentano. Tempo libero e cibo resteranno consumi irrinunciabili».
Tutto questo comunque in un quadro mondiale che resta segnato da «volatilità e incertezza». Ma i comparti legati al turismo continuano a correre, trainando investimenti in crociere e alberghiero. «Abbiamo dieci anni di ordini davanti», sottolinea Marchetto, «numeri in crescita e la disciplina della Borsa: basi solide per trasformare visibilità in crescita sostenibile».
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