Renzo Rosso: «L’Italia ha tutte le potenzialità per dare vita a un polo del lusso»
L’imprenditore, alla guida di Otb, sugli scenari della moda: Cina mercato fondamentale

Un modello unico, volutamente diverso da tutti gli altri, radicato nella filiera del territorio. «Noi non siamo in competizione con i grandi gruppi francesi, Otb è un esempio alternativo». Parola di Renzo Rosso, che è fondatore e leader carismatico dell’unico vero conglomerato del lusso italiano. Diversi brand, ciascuno con una forte individualità, Jil Sander, Maison Margiela, Marni, Amiri, Viktor&Rolf. E poi c’è Diesel, che non è lusso ma che lui sta portando verso una fascia molto alta.
Renzo Rosso, il lusso sta vivendo un momento d’oro. Numeri straordinari, ma l’impatto energetico ci sarà anche per il vostro settore.
«I dati della Camera della Moda ci dicono che la moda chiuderà il 2022 con ricavi oltre i 92 miliardi di euro, in crescita del 10,5% rispetto al 2021. È una crescita importante, il settore è ai livelli pre covid e il fatturato è il più alto mai raggiunto dal settore negli ultimi 20 anni. Anche l’export è cresciuto, con risultati importanti soprattutto negli Stati Uniti. Ovviamente è crollato verso la Russia, invece in Cina i lockdown hanno inciso molto. La Cina è un mercato fondamentale per noi, nei prossimi 3 anni concentreremo qui un terzo dei nostri investimenti e raddoppieremo i nostri store entro il 2024. Per quanto riguarda la crisi delle materie prime, i grandi gruppi del lusso possono sopravvivere ma il problema si presenterà per le piccole imprese, che soffrono di più».
Il Gruppo Otb è l’unico polo del lusso italiano, è un modello di crescita da imitare?
«Sto cercando di creare l’unico gruppo in Italia che aggrega diversi brand, e sono uno diverso dall’altro. Ogni nostro brand mantiene la propria individualità. Jil Sander è il massimo del lusso, della bellezza della silhouette senza loghi, la qualità della materia prima. Maison Margiela è l’azienda di moda per eccellenza, sta facendo dei prodotti estremi, genderless. E John Galliano è il più grande creativo esistente, ha fatto gli abiti più belli degli ultimi vent’anni, Marni con la direzione creativa di Francesco Risso è oggi un brand pieno di colore, che si è ringiovanito e sta andando molto tra le celebrities. Diesel è casual, ma stiamo alzando molto verso il lusso, abbiamo preso un couturier come Glenn Martens e nell’ultima sfilata abbiamo mostrato dei veri pezzi d’opera sartoriale. Oggi con Diesel stiamo soffrendo sui numeri, perché ho deciso di essere più selettivo, con un taglio sulla low distribution di 460 milioni. E stiamo vedendo già dei risultati importanti con un aumento del 16 per cento del traffico nei nostri negozi, con relativo incremento delle vendite a metro quadro».
Qual è uno degli elementi distintivi del vostro modello di business?
«Diversamente da altri gruppi che “comprano la filiera”, noi abbiamo scelto di supportarla mettendo delle piccole partecipazioni nel capitale, che aiutano le aziende a svilupparsi, innovare e diventare più sostenibili. Ma l’imprenditore, l’artigiano, deve rimanere alla guida dell’azienda, è quella la sua forza ed è quella la forza del Made in Italy. Parlando invece di Otb, all’interno del gruppo ciascun brand mantiene la propria identità e la holding mette a fattor comune alcune funzioni e servizi per supportare la crescita di tutti, come la finanza, il legale, la sostenibilità, le risorse umane e il real estate».
Come chiuderete quest’anno? E poi c’è in ballo la quotazione...
«Voglio vedere come chiude l’anno Diesel e tutto il mondo del lusso. Cresciamo sicuramente a doppia cifra, ma bisogna vedere anche cosa succede questi ultimi due mesi e mezzo. La quotazione è in programma per il 2024 inizio 2025, il momento giusto lo diranno gli advisor».
Vuole quotarsi in Italia o all’estero?
«Non è stato deciso, anche se io vorrei tanto suonare la campanella a Milano, la città della moda».
Oggi in molti parlano di sostenibilità, voi avete un quartier generale che ha dieci anni ed è lo specchio di un’azienda attenta al territorio e all’ambiente.
«Se pensa che questa sede è stata progettata 15 anni, siamo avanti da più di dieci anni in questo senso. Io ho dei valori che ho imparato dai miei genitori, sono nato in una fattoria lo sanno tutti. E quindi noi nasciamo sostenibili. Per esempio, raggiungeremo l’impatto zero delle nostre operazioni entro il 2030. Oggi già quasi metà dell’energia che usiamo viene da fonti rinnovabili. I nostri brand ragionano da tempo in termini di circolarità e di risparmio. Diesel è quello più avanti, ad esempio abbiamo ridotto del 90% l’uso dell’acqua in alcune produzioni di denim. Ma la sostenibilità non è solo ambientale, è anche sociale e supporto al territorio. Penso al grande lavoro che sta facendo mia moglie Arianna (Alessi ndr.) con la Fondazione Otb, le nostre iniziative per i rifugiati ucraini, in Afghanistan, contro la violenza sulle donne e il bullismo e ora penseremo anche a qualcosa in Iran».
Il digitale è un altro elemento fondamentale?
«Stiamo facendo tantissime cose, la tecnologia è fondamentale nella moda. Siamo stati i primi a creare un’azienda interna sul metaverso, Bvx (Brave Virtual Xperience), che guida mio figlio Stefano. Penso che questa sia un’opportunità di business interessante».
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