Profitti da record per Ryanair: «Il governo cancelli la tassa di sbarco»
A Nord Est la compagnia prevede 110 rotte e 580 voli

Ryanair torna in quota, mette a segno un profitto record e paga la cedola agli azionisti per la prima volta nel post pandemia. La compagnia low cost irlandese nell’ultima semestrale conferma l’ultima riga in nero (l’utile era stato ritrovato a fine esercizio 2022/2023, al 31 marzo di quest’anno) grazie all’effetto combinato del boom del traffico aereo estivo e all’incremento dei prezzi dei biglietti, assorbendo al contempo i rincari del costo del carburante.
Lo si legge in una nota, in cui emerge che il primo semestre, chiuso a settembre 2023, è cresciuto a 8,58 miliardi di euro, in salita del 30 per cento, con un aumento del traffico dell'11 per cento a 105,4 milioni di passeggeri e tariffe più alte del 24 per cento. Esito, spiega la compagnia, di una Pasqua vigorosa e a una domanda record nell'estate del 2023.
A Nordest la compagnia guidata da Michael O’Leary prevede per la stagione invernale un totale di 110 rotte e 580 voli settimanali distribuiti sui quattro scali territoriali.
Nello specifico a Treviso sono previste per la stagione 40 rotte e 280 voli settimanali (con una stima, l’unica al momento disponibile di 2,5 milioni di passeggeri per l’anno fiscale 23/24), al Marco Polo di Venezia le rotte sono 19 e i voli settimanali 220, a Verona, 11 rotte per 80 voli e infine a Ronchi dei Legionari stabilite 8 rotte e 40 voli.
Tornando ai numeri della semestrale, sul dato dei ricavi della compagnia ha inciso l’incremento del prezzo medio praticato per passeggero, salito del 17 per cento.
Rincari che avevano portato, si ricorderà, anche allo scontro tra la compagnia e il Ministro Adolfo Urso sulla base di una prima versione del dl Asset (poi approvato ai primi di ottobre e che prevede poteri istruttori e sanzionatori dell’Antitrust sul trasporto aereo in ambito di rialzi delle tariffe) nato per imporre un giro di vite alla salita dei prezzi.

Tra l’Esecutivo e il vettore low cost il clima è tornato a scaldarsi a inizio novembre, quando il vettore low cost ha, invece, chiesto «al Governo italiano di eliminare il disegno di legge che consentirebbe ai comuni italiani di aumentare l'addizionale comunale negli aeroporti quasi del 50% (3 euro per passeggero in partenza) dal 2024».
La compagnia ha puntato il dito su quella che giudica una contraddittorietà dell’azione di governo, che, mentre sta valutando proposte per incrementare la connettività nazionale e abbassare le tariffe, con questo progetto, porterebbe a «tariffe più alte, minore connettività».
Il caro voli, tuttavia, è stato solo un elemento del boom dei ricavi, che si sono avvantaggiati anche da un aumento più che proporzionale della domanda, che dalla primavera a tutta la stagione estiva ha conosciuto performance formidabili. Assorbendo così i costi, cresciuti del 24% a 6,2 miliardi di euro, si legge nella nota di Ryanair : «principalmente a causa del carburante più caro (+29% a 2,8 miliardi di euro)», ma anche a causa della saliti dei costi del personale e del controllo del traffico aereo.
Ryanair, in scia delle buone performance di traffico finora registrate, continua a puntare a un traffico di circa 183,5 milioni di passeggeri per l’anno, con un aumento del 9%. Anche se queste attese sono condizionate da almeno due fattori e cioè «che Boeing rispetti i suoi impegni di consegna entro la fine dell’anno», avverte la compagnia, ricordando che un warning a proposito era stato lanciato durante l’estate per i ritardi da parte del produttore.
Tuttavia nonostante questa incertezza, un costo significativamente più alto per il carburante (fino a 1,3 miliardi di euro in più rispetto allo scorso anno), la visibilità molto scarsa sul quarto trimestre e il rischio di un indebolimento delle spese al consumo nei prossimi mesi la società prevede per l'intero esercizio finanziario un utile netto record compreso tra 1,85 e 2,05 miliardi, presupponendo «modeste perdite durante il periodo invernale della seconda meta» dell'esercizio. E chiaramente, ha avvertito O’Leary, le aspettative «rimangono fortemente dipendenti dall’assenza di eventi avversi imprevisti (ad esempio, come in Ucraina o Gaza) entro la fine di marzo 2024».
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