Tra conoscenza ed etica, l’eredità di Ernesto Illy

L’omaggio all’imprenditore in occasione dei cento anni dalla sua nascita in un evento organizzato al Generali Convention Center di Trieste

Giorgia Pacino
Il convegno in memoria di Ernesto Illy (Foto Lasorte)
Il convegno in memoria di Ernesto Illy (Foto Lasorte)

Conoscenza, complessità, etica. Sono i tre semi – verrebbe da dire i tre chicchi – lasciati in eredità alla famiglia, all’azienda e alla società da Ernesto Illy.

E sono le parole con cui lo ha ricordato il figlio Andrea Illy, presidente della Illycaffè, a cento anni dalla nascita nell’evento organizzato al Generali Convention Center di Trieste per ricordarlo.

«Ha lasciato il pieno», non il vuoto, ha detto ancora Andrea, ricordando il saluto commosso dato 17 anni fa dalla città a colui che per 50 anni ha guidato l’azienda fondata dal padre Francesco. Al centro congressi su viale Miramare ci sono tutti: i tre figli Andrea, Anna e Riccardo, la moglie Anna Rossi Illy – a cui la sala tributa un lungo applauso al suo ingresso sul palco – l’amministratrice delegata di Illycaffè Cristina Scocchia, gli amici, i collaboratori e dipendenti storici, le autorità cittadine e quelle arrivate da lontano.
A ricordare Ernesto Illy, nominato Cavaliere del Lavoro nel 1994, è stato anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con un messaggio letto sul palco da Anna Illy, che guida la fondazione intitolata al padre. «Etica e innovazione sono state polarità nella sua azione civile», ha ricordato il Capo dello Stato.

«La sua lezione si è nutrita di un’acuta sensibilità verso i temi dello sviluppo legati alla sostenibilità ambientale e all’equità sociale, particolarmente significativi nelle terre del caffè».
Su quelle terre e sull’azienda di via Flavia resta l’eredità più grande. Che ora sarà anche plasticamente visibile nella rotatoria che conduce all’azienda, intitolata da oggi a Ernesto Illy. «Ha saputo unire sapientemente due grandi eccellenze della nostra città, come imprenditore del caffè e scienziato. È sotto la sua guida che l’impresa è cresciuta, dando lustro alla città di Trieste in tutti i continenti», ha detto il sindaco Roberto Dipiazza, consegnando simbolicamente ad Anna Rossi Illy la targa che nel pomeriggio verrà apposta sulla rotatoria.

Di un imprenditore «lungimirante, che ha tracciato una strada da percorrere con intelligenza innovativa anche oggi» ha parlato il vescovo di Trieste Enrico Trevisi, mentre l’ambasciatore del Brasile in Italia Renato Mosca de Souza ne ha ricordato «l’incrollabile fede nel potere della formazione, della ricerca e dell’etica aziendale, che non solo ha plasmato l’azienda ma ha influenzato il modo in cui il caffè viene coltivato e gustato in tutto il mondo».

E ci sono soprattutto i risultati lasciati da Ernesto, su tutti e tre i fronti citati dal figlio Andrea. La conoscenza, innanzitutto, che lo portava ad applicare i metodi più sofisticati per la macinazione del caffè. «Oggi la Illy è diventata pioniera dell’agricoltura rigenerativa che ha portato il caffè tutto intero a diventare il prodotto agricolo più avanti sulle pratiche rigenerative», ha rivendicato il presidente dell’azienda. La complessità, che lo portava a guardare il mondo con la visione del cannocchiale rovesciato.

«Per il caffè il cambiamento è stato ancora più radicale: era considerato una commodity, una bevanda fungibile, oggi è un prodotto esperienziale apprezzato per il suo contenuto estetico ed esperienziale che porta a un’economia molto più dinamica», ha aggiunto. Infine, l’insegnamento più importante: l’etica, con il rifiuto dell’economia del profitto come unico fine a favore di un modello di impresa che guarda all’impatto prodotto sulla società e sull’ambiente.

«Non accettava l’idea che nell’economia da 200 miliardi del caffè si potesse sfruttare chi lo coltiva senza un’equa distribuzione della ricchezza. Oggi Illycaffè è un’azienda che persegue un modello rigenerativo, all’opposto di quello estrattivo», ha concluso Andrea. «Il caffè è diventato resiliente e ne ha dato prova anche in questo periodo di crisi epocale, con i prezzi più alti della storia, portando a una grande mobilitazione che ha condotto il G7 a varare una partnership pubblico-privato per lavorare nelle piantagioni».

Riproduzione riservata © il Nord Est