Il Nord Est spinge su fusioni e acquisizioni. Private Equity e Borsa sostengono il rally

I dati di Adacta Advisory sull’M&A: nel Triveneto si sono registrate da inizio anno 231 operazioni, il 17% del totale nazionale

Roberta Paolini
Un esempio di M&A per accelerare l’internazionalizzazione è quello di Icop
Un esempio di M&A per accelerare l’internazionalizzazione è quello di Icop

Non è solo geografia economica, è un laboratorio di crescita: il Nord Est si conferma uno centri più dinamici delle fusioni e acquisizioni, capace di tenere testa a Milano e di attirare capitali dall’estero. Lo raccontano i numeri snocciolati al M&A Forum Nord Est, realizzata da Adacta Advisory con la collaborazione di Banca Generali e Intermonte come main partners.

Negli ultimi dodici mesi le imprese del Triveneto hanno messo a segno 231 operazioni, pari al 17% del totale nazionale (1.331 deal). Un dato che resta sostenuto e stabile rispetto alla media degli ultimi cinque anni, ma che nel tempo diventa una massa critica.

Tra il 2020 e il 2025 il numero di transazioni si è infatti mantenuto a circa 1.300 deal l’anno, e un’incidenza significativa di operazioni che coinvolgono imprese del Nord Est: circa il 19% del totale nazionale.

Se si considera che nel Triveneto operano circa 5.000 aziende con ricavi superiori ai 10 milioni, emerge come gran parte dei settori economici abbiano ormai sperimentato percorsi di crescita per linee esterne.

«In gran parte dei settori dell’economia nordestina ci sono stati processi di crescita per linee esterne», ha osservato Paolo Masotti, ad di Adacta Advisory, che ha curato lo studio.

L’analisi conferma la vocazione produttiva della regione: 37% delle operazioni ricade nell’industriale, a cui si somma un 20% nei beni di consumo. Seguono i servizi (19%) e la tecnologia (14%). Due terzi dei deal restano domestici, ma non mancano gli slanci oltreconfine: 24 acquisizioni all’estero da parte di società trivenete, a fronte di un appeal crescente delle aziende locali per i compratori internazionali.

Sul tavolo non ci sono solo volumi, ma valori: da inizio anno sono stati espressi nelle operazioni di M&A circa 6,5 miliardi di euro di equity value, con i fondi di private equity protagonisti di oltre 45 operazioni e capaci di incidere sulle transazioni più pesanti.

«Se utilizzato con consapevolezza, lo strumento M&A può rappresentare un acceleratore decisivo per la competitività delle imprese familiari», ha spiegato Masotti. La maggioranza delle operazioni, circa due terzi, è di natura domestica, mentre il rimanente ha avuto come obiettivo acquisizioni oltre confine.

«Colpisce la prevalenza di operazioni di sviluppo rispetto alle cessioni - ha sottolineato ancora Masotti - solo 85 sono state di vendita. In questo contesto, il ruolo del private equity, pur contando circa 50 operazioni, rimane determinante perché concentra deal di dimensioni più rilevanti».

«Un esempio di come l’M&A permetta di accelerare l’internazionalizzazione e integrare la propria catena del valore è quello di Icop della famiglia Petrucco - spiega Masotti - società friulana di ingegneria e leader europea nei microtunnel a proprietà e direzione familiare che ha aperto il capitale alla Borsa. Negli ultimi anni Icop ha realizzato due acquisizioni importanti: ha accelerato l’espansione nel mercato Usa con l’acquisto di Atlantic Geocostruction Holding e, più di recente, ha rilevato il 62% di Palingeo, attiva nell’edilizia specialistica nel comparto delle fondazioni, fornitrice di primari operatori del settore delle costruzioni civili e infrastrutturali, oltre che di operatori industriali e della pubblica amministrazione».

Un altro esempio è quello del consolidamento nella distribuzione di materiali per l’edilizia e per l’arredo-casa nel Nord Italia, continua Masotti: «il gruppo friulano Zanutta (famiglia Zanutta) ha acquisito Megl, con cui aggiungerà circa 50 punti vendita. In totale Zanutta ha completato tre acquisizioni negli ultimi tre anni».

Private banking e investment banking sono oggi le cerniere di questo ecosistema. «Sempre più famiglie e imprenditori ci chiedono di accompagnarli nei passaggi di crescita, perché la tutela del patrimonio non può prescindere dalla tutela dell’impresa», ha detto Marco Bernardi, vicedirettore generale di Banca Generali, che dallo scorso anno ha integrato Intermonte nel gruppo. Un’unione che lega capitali privati e mercati, con l’obiettivo di favorire Ipo e accesso a capitali istituzionali.

Da qui lo sguardo al futuro: «In controtendenza rispetto al rallentamento globale, in Italia il mid market resta vivace», ha spiegato Fabio Pigorini, ad della Divisione Investment Banking di Intermonte. «Il Nord Est offre esempi eccellenti di imprese capaci di competere a livello internazionale. Ci aspettiamo una graduale ripresa delle Ipo: dal 2026 il mercato tornerà ad aprirsi, sostenuto dall’interesse degli investitori sulle mid e small cap italiane».

Il Nord Est non teme dunque la discontinuità: anzi, la cerca. In un’Italia dove il passaggio generazionale è spesso vissuto come trauma, qui diventa occasione di apertura del capitale, ingresso di fondi e nuove quotazioni. Come ricordano i numeri di Adacta, meno di un terzo delle operazioni riguarda cessioni: il resto è sviluppo, crescita, gestione del rischio.

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