Mascherine e Dpi, al via la sfida per la sostenibilità
Decollato il progetto che mette insieme imprese, centri di ricerca, università per produrre, con una filiera industriale circolare, dispositivi di protezione individuale che impattino meno sull’ambiente, e sulla salute

SCHIO (Vicenza). Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il solo personale medico ogni mese ha bisogno di 89 milioni di mascherine per proteggere sé stesso e gli altri dal Covid-19.
La produzione e l’utilizzo dei DPI, obbligatorio anche per i cittadini sopra i sei anni, ha provocato un conseguente incremento dei rifiuti e si può facilmente capire quali possono essere le ripercussioni per la sostenibilità ambientale.
Il centro di ricerca Il Sentiero International Campus, partecipa al progetto “ECOdesign e riciclo di DPI in una filiera industriale circolare”, sintetizzato dall’acronimo EcoDPI.
Coordinato dalla rete Veneto Green Cluster, ha una durata di 28 mesi ed è finanziato dalla Regione del Veneto, che ha stanziato un importo di oltre 2 milioni di euro.
Obiettivo del progetto è quello di individuare una soluzione generale per ridurre l’impatto sull’ambientale, partendo dalla ricerca dei materiali per la produzione dei DPI fino al loro smaltimento, attraverso la creazione di una filiera produttiva circolare.

L’aspetto innovativo del progetto EcoDPI è la considerazione dell’intero ciclo di vita di un dispositivo di protezione individuale: per essere sostenibile, non deve essere solo riutilizzabile o smaltibile in modo rispettoso dell’ambiente, ma devono esserlo anche tutte le altre fasi, dalla progettazione alla produzione, dalla distribuzione alla vendita fino allo smaltimento, che deve garantire la sicurezza di chi gestisce i rifiuti.
Problema Rifiuti
Vale la pena ricordare che l’obbligo di utilizzo della mascherina porta con se anche l’impegno a smaltirla correttamente, ma quel che vediamo quotidianamente, anche nelle strade e nei parchi, è che non sempre è così, con quel che questo può significare sia per l’ambiente che per la salute.
Ecco dunque la necessità di una soluzione generale al problema, partendo dalla ricerca dei materiali per la produzione dei DPI arrivando al loro smaltimento, attraverso la creazione di una filiera produttiva circolare per ridurre l’impatto sull’ambiente.

Partner del Progetto EcoDPI
Il progetto EcoDPI è articolato in pacchetti di lavoro e per ognuno partecipa un gruppo composto da imprese e da organismi di ricerca (OdR), che vantano specifiche competenze per il raggiungimento dei risultati attesi.
Questi sono: Università degli Studi di Padova (Dip. di Ingegneria Industriale, Centro Studi di Economia e Tecnica dell’Energia Giorgio Levi Cases, Dip. di Neuroscienze, Dip. di Medicina U.O.C. di Medicina di Laboratorio, Dip di Tecnica e Gestione dei Sistemi Industriali); Università Cà Foscari di Venezia (Dip. di Scienze Molecolari e Nanosistemi, Dip. Scienze Ambientali, informatiche e Statistiche); Università degli Studi di Verona (Dip. di Biotecnologie); Parco Scientifico Tecnologico Galileo (Divisione MaTech, materiali innovativi e sostenibili); 3Dfast; Agenzia Chimica Italiana; Akkotex; Arte Light; Bellitalia; Chimicambiente; Coccitech; Crossing; Dolomiticert; Elite Ambiente; Filtec; Ilsa; Innoven; Sintesy Plast e Studio Gallian.
Il Progetto EcoDPI vede coinvolte le RIR Veneto Green Cluster che ne gestisce il coordinamento, Venetian Smart Lighting e Ribes.

Una filiera circolare in favore della sostenibilità ambientale
La sicurezza e la salvaguardia dell’ambiente rappresentano il filo conduttore del progetto EcoDPI: infatti, l’obiettivo generale del progetto è la valorizzazione dei rifiuti provenienti dall’uso dei dispositivi, anche sanitari. L’obiettivo viene perseguito studiando le fasi chiave di una potenziale filiera circolare per la produzione di tali dispositivi (acquisizione della materia prima e pre-processi, produzione, utilizzo, fine vita), focalizzando l’attenzione sui alcuni obiettivi specifici:
- definizione di un modello sostenibile di produzione e gestione di DPI, la cui assenza è emersa nel corso della pandemia da Covid19;
- integrazione di competenze specifiche e capacità produttive ora frammentate e disperse nel territorio;
- produzione di nuova conoscenza (su temi di maggior valore quali: ecodesign, materiali rigenerativi, gerarchia dei rifiuti) trasferibile in diversi ambiti applicativi e altre filiere produttive;
- applicazione dei principi di economia circolare in una filiera produttiva integrata territoriale, in accordo al Circular Economy Action Plan promosso dalla UE al fine di accelerare la transizione indicata dall’European Green Deal.
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