Lo scontro Cipriani e Arnault: “Copiano l’Harry’s Bar a Saint Tropez, sono stupefatto. Ma il lusso è molto più di una borsa Vuitton”
Il gruppo del lusso Lvmh ha aperto il Cipriani Belmond a Saint Tropez. Il proprietario dell’Harry’s Bar, Arrigo Cipriani, denuncia il plagio del locale storico che a Venezia ebbe tra i suoi clienti Ernest Hemingway e Charlie Chaplin. “Sono stupefatto hanno copiato le sedie e le tovaglie, ma il nostro lusso, la nostra storia non le può copiare nessuno. Sono la nostra identità”

“Stupefatto sono stupefatto. Non comprendo un uomo come Bernard Arnault che copia il mio Harry’s Bar nel Cipriani-Belmond di Saint Tropez. Non capisco, che cosa significa? Che vuole i miei clienti? Il lusso non si compra è qualcosa di immateriale, è anima e sentimento. È storia”.

Arrigo Cipriani, compirà 90 anni il 23 aprile 2022, c’è nome della sua famiglia sull’autenticità di ricette mitiche del buon cibo italiano: il Bellini, il Carpaccio. E ancora l’amore e l’orgoglio per l’Italia e per Venezia. E Cipriani non si dà pace, per lui è stato uno sfregio copiare il luogo che è il simbolo di una Italia bellissima, fatta di arte e poesia e storia. Non arriva a pensare che le sedie, il menù, le tovaglie, l’atmosfera del Harry’s bar possano essere soggetti da riprodurre per un lusso di serie. Come è avvenuto per il Cipriani-Belmond di Saint Tropez che appartiene al Gruppo Lvmh (proprietario di marchi come Louis Vuitton, Dior, Fendi, Moet Chandon) del magnate francese Arnault, il terzo uomo più ricco del pianeta, 150 miliardi di dollari di fortuna personale. Il suo Harry’s Bar (fondato dal padre Giuseppe nel 1931) è stato il bar Ernest Hemingway, di Charlie Chaplin, di Orsen Wells, di Katherine Hepburn, di Truman Capote. Un luogo celebrato dal jet set, quando questa parola aveva un senso, dal cinema, dalla letteratura.
Cipriani, si può comprare questo?
“Ma no che non si compra, è una cosa intangibile”.

Il nome lo potevano usare, però?
“Sì certo che potevano perché hanno comprato l’hotel Cipriani a Venezia nel 2018. C’è stata una controversia per cinque anni, poi abbiamo raggiunto un accordo per cui ci saremmo astenuti entrambi dall’utilizzarlo. Un periodo in cui né io (ed è il mio nome pensi lei) né loro potevano usarlo. Ora possono solo come Hotel Cipriani. Ma non è questo il punto. Queste cose che loro hanno copiato, come le sedie disegnate da mio padre, mi sbalordiscono. Veramente. Nel 2001 l’Harry’s Bar è stato riconosciuto come patrimonio nazionale dal Ministero dei Beni Culturali. Si può copiare una cosa del genere? Non si può, è una questione di essenza”.
Ma pensate di adire alle vie legali?
“Io ho novant’anni a gestire da oltre 15 anni è mio figlio e deciderà lui. Ma ripeto io volevo comunicare il mio stupore, mi sbalordisce che un uomo con un’intelligenza superiore come Arnault, un uomo del suo livello, possa permettere una cosa del genere. Il lusso è qualcosa di intangibile, non è una borsa. Noi abbiamo inventato il Bellini e il Carpaccio, sono unici, solo da noi ci sono gli originali. James Bradburne, direttore dell’Accademia di Brera, sotto ai quadri di Bellini e Carpaccio ha voluto spiegare il senso di questi nomi, perché si chiamano così e chi ha inventato questi piatti. Chi può avere una cosa così? Solo noi”.

Ne fa una questione di filosofia o intendete andare allo scontro?
“Ci sono dei nostri clienti che ci hanno scritto, dicendoci che non ritrovavano le cose che hanno da noi. E noi dobbiamo spiegare che non abbiamo cambiato menù, che non siamo noi. Noi in inverno abbiamo il pavimento riscaldato a 19 gradi, ogni ora all’Harry’s Bar cambiamo l’aria, entrano 22mila metricubi di aria fresca e viene espulsa la stessa quantità di aria, praticamente siamo un locale all’aperto. Non puoi copiare questo, il nostro senso dell’accoglienza del cliente, quello che io ho chiamato l’elogio dell’accoglienza. Che poi per noi è come quello della trattoria, un luogo in cui ci sono storia e tradizioni e la dote più importante dell’oste, il saper trattare i propri ospiti. È un’altra idea di lusso”.

Tutto vero, però i grandi gruppi francesi del lusso non solo quello di Arnault ma anche quello di François-Henri Pinault, Kering, sono innamorati delle nostre capacità di fare ed esprimere bellezza. Hanno investito nel nostro paese e nelle nostre capacità. Forse noi dovremmo essere più capaci di credere a questo bello che predichiamo.
“Pinault è un amico, un uomo che ha fatto tantissimo per Venezia, per Punta della Dogana, per Palazzo Grassi. Noi abbiamo cose meravigliose ed uniche, l’architettura, l’arte, lo sappiamo. In questa storia mi tengo il mio stupore per questa decisione di copiarci. Mio figlio deciderà cosa fare, io non sarei per andare allo scontro legale. Ma ci tenevo a dire quello che ho detto e sono contento che questa cosa abbia destato interesse. Le racconto una storia, a Londra quando abbiamo aperto C-London si chiamava Cipriani, è il mio nome, è la nostra storia. Ho pagato milioni di sterline perché non potevo usare il mio nome, per via di quella controversia che poi abbiamo risolto. Ma anche se io ho cambiato il nome, tutti sanno che tipo di ristorante sia. Se sale in taxi a Londra e dice 25 Davies Street il tassista le risponderà: “Ah, Cipriani”. Nessuno può copiare questo lusso: la nostra identità, la nostra unicità”.

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