«L’housing sociale per dare una casa ai nostri lavoratori»
Confindustria Udine al traguardo degli 80 anni prepara il piano Housing Friuli. «A ottobre assemblea con Alto Adriatico per promuovere i progetti comuni»

«Quelle che percepisco come cruciali sono in particolare due questioni. La prima riguarda il lavoro, i giovani, la formazione, gli immigrati, a partire dalla constatazione che entro il 2030 nella nostra regione verranno a mancare 100 mila persone in età da lavoro. La seconda si riferisce più direttamente alla vita delle nostre aziende, sulle quali tutti, ma in primis i partner finanziari, debbono cambiare approccio e criteri di giudizio: non più fondati sulla capacità di fare margini e profitti immediati, ma su quella di innovare e investire nelle tecnologie per aumentare valore e competitività nel lungo termine».
Luigino Pozzo, presidente di Confindustria Udine, imprenditore a capo della Pmp Industries di Coseano, parla nei giorni in cui l’organizzazione festeggia gli 80 anni dalla fondazione, ma non per questo indulge più di tanto sugli elementi celebrativi della ricorrenza, che pure ci sono.
Presidente, gli 80 anni di Confindustria Udine sono un traguardo importante. Qual è il suo significato, secondo lei?
«Dal mio punto di vista è una ricorrenza importante perché il 1945 appartiene a una fase storica in cui l’Italia usciva dalla grande calamità della guerra. In questi 80 anni l’associazione ha saputo fare comunità e agire a favore del territorio, contribuendo all’uscita da quel periodo drammatico. Un po’ quel che è accaduto dopo il terremoto, di cui l’anno prossimo ricorderemo i 50 anni. E dopo la pandemia. Confindustria Udine ha sempre dimostrato di saper reagire a quelle fasi critiche. Anche adesso ci troviamo in un periodo cruciale: siamo nella post globalizzazione, un periodo contrassegnato da guerre e tensioni geopolitiche. E Confindustria Udine è chiamata a dare il suo contributo per ridare slancio al nostro sistema sociale».
È un sistema che invecchia, in cui i giovani sono risorsa sempre più rara e preziosa. Come si reagisce a questa situazione?
«Uno dei punti cruciali del mio mandato quadriennale da presidente di Confindustria Udine è incentrato sui giovani. Dobbiamo credere in loro, investire nella formazione, dare loro un’adeguata struttura salariale, garantire un livello di vita soddisfacente».
In concreto?
«Per esempio stiamo lavorando con Regione Fvg e altre associazioni al progetto Housing Friuli, che intende offrire alloggi ai lavoratori ad affitti calmierati, con la prospettiva che diventino case di proprietà anche attraverso il welfare aziendale. È un progetto che presenteremo in estate, l’intento generale è offrire lavoro e stabilità».
Un fronte collegato è quello dell’immigrazione, su cui in regione sono in corso di realizzazione progetti innovativi come quelli relativi alla formazione di giovani ghanesi da parte dei Salesiani. Qual è il modello?
«Puntiamo a un’immigrazione qualificata, stabile e in grado di integrarsi nella nostra società. C’è il progetto sul Ghana, sull’Egitto, ma anche sull’Argentina e il Brasile. L’obiettivo è evitare le ghettizzazioni e garantire dignità, la formazione di nuove famiglie e una vita sociale adeguata. Solo così l’immigrazione porta a contributi positivi per il nostro territorio».
In regione ci sono anche altri modelli. A Monfalcone ad esempio prevale la concentrazione degli immigrati, che crea qualche tensione non semplice da gestire.
«Sono per un’integrazione degli immigrati nella nostra società, ripeto, evitando ogni ghettizzazione».
Parliamo delle imprese. In quella che lei definisce la fase della post globalizzazione qual è il loro problema principale?
«Ci troviamo in un sistema che crea troppe limitazioni e bisogna cambiarlo alla radice. Agli occhi degli investitori, delle banche e della finanza, la valutazione delle nostre imprese si basa sulla loro capacità di produrre margini e profitti. Ma in questo modo non si premia la crescita, non si favoriscono gli investimenti in tecnologie. Ecco perché bisogna capovolgere la logica, le imprese vanno valutate in quanto capaci di fare innovazione».
A livello macro cosa comporta questo approccio che lei considera sbagliato?
«Che abbiamo esaurito da tempo la fase in cui l’Italia migliorava i propri standard economici a ritmi accelerati. Negli ultimi vent’anni l’Italia è cresciuta del 20%, ma gli Stati Uniti sono cresciuti del 100 per cento. La differenza è dovuta agli investimenti in tecnologia, i nostri sono la metà di quelli americani. Anche la Cina è cresciuta a ritmi accelerati perché ha avuto capacità di investire in innovazione. Ecco, anche noi dobbiamo puntare sull’innovazione, solo così colmeremo quel differenziale».
Calando questa analisi sul territorio, qual è la situazione delle aziende friulane?
«In Friuli Venezia Giulia il sistema finanziario è adeguato, abbiamo istituzioni come i Confidi, Friulia o Finest che altre Regioni ci invidiano. Vanno indirizzate a uscire fuori dai parametri consolidati, bisogna creare un sistema garantistico in modo che le aziende del territorio abbiano più risorse per gli investimenti in tecnologie. In generale comunque la Regione mostra molta apertura nei confronti delle nostre proposte».
Non dimentichiamo comunque che le imprese hanno anche altri problemi, a cominciare da quelli dei costi dell’energia.
«È l’Europa che deve dare risposte in questo campo, l’Europa detta regole in tanti campi, anche meno importanti, lo deve fare anche su questo tema fondamentale. Noi come Confindustria Udine organizziamo convegni sul nucleare di quarta generazione e su quello di quinta generazione, però per la soluzione duratura alla questione dei costi dell’energia, che è una vera emergenza, bisogna agire ad altri livelli».
Parliamo dell’associazione. Di fatto lei è presidente da inizio anno. I rapporti con Confindustria Alto Adriatico sembrano essersi normalizzati, prima non era così. Condivide?
«Sul passato non mi esprimo, posso confermare che adesso con Confindustria Alto Adriatico c’è un ottimo rapporto, è importante mettere in comune i progetti di respiro regionale e portarli avanti insieme. È quello che stiamo facendo. A ottobre celebreremo l’assemblea annuale con Confindustria Alto Adriatico, ed è il segnale di questo atteggiamento costruttivo».
Sono segnali in vista di una futura aggregazione?
«Non esiste alcun ragionamento in tal senso. Non è importante un’aggregazione di cui nessuno sta parlando, quello che conta è mettere insieme i progetti a livello regionale, perché è inutile lavorare sulle stesse questioni senza parlarsi. Con Alto Adriatico c’è un ragionamento sulle sinergie che andrà avanti».
Riproduzione riservata © il Nord Est