InfoCamere, viaggio nel più grande giacimento di dati economici

Parla il direttore generale Paolo Ghezzi: «Siamo un grande hub informativo». Monitor accesi 24 ore su 24 per poter interpretare i cambiamenti
Roberta Paolini

Grandi monitor accesi 24 ore su 24, ogni giorno dell’anno, costantemente sorvegliati da sentinelle tecnologicamente super-qualificate che seguono l’andamento di miliardi di operazioni, necessarie per far funzionare e proteggere uno dei sistemi informativi più all’avanguardia del Paese.

É il cuore del data center di InfoCamere – la società delle Camere di commercio per i servizi digitali – in cui sono conservati i dati di quasi 6 milioni di imprese italiane. Un giacimento di informazioni ufficiali accessibili a tutti, frutto di una visione che risale al 1974 quando Internet non esisteva ancora. Quasi cinquant’anni dopo Paolo Ghezzi, direttore generale di InfoCamere, ricorda il ruolo che i dati hanno nel racconto economico dei territori e dunque nel sostenere le scelte dei decisori pubblici.

Ghezzi, come nasce il Data Center di Padova e qual è la grande innovazione alla sua origine?

«Quando il prof. Volpato diventa presidente della Camera di Commercio di Padova, ha l’intuizione di collegare tra loro tutte le Camere attraverso un sistema informatico, trasformando gli archivi allora cartacei in banche dati elettroniche. Negli anni settanta la sua era una visione davvero innovativa. Per convincere la politica ad appoggiare la sua idea e spiegare cosa voleva fare, all’allora Ministro dell’industria Carlo Donat-Cattin, Volpato pose una domanda: “Se devi portare l’acqua a tutte le case di una città, scavi mille pozzi o costruisci un acquedotto?”. Da quel momento anziché tanti pozzi in cui tenere i dati, si creò una rete interconnessa in modo che dalla camera più piccola a quella più grande tutti potessero avere gli stessi strumenti informativi per accedere ai dati di tutti. Un principio - quello che il digitale deve rendere più semplice la vita delle imprese - che il Sistema Camerale ha portato avanti nella convinzione che una PA meno invadente e più efficiente sia lo specchio di uno stato più autorevole. Partendo da questa idea tutte le imprese, dalla più piccola alla più grande, oggi hanno a disposizione la propria carta d’identità digitale sul cassetto digitale impresa.italia.it».

Da quel nucleo iniziale che prese il nome di Cerved (oggi di proprietà di fondi d’investimento) gemmarono prima Engineering e poi la stessa InfoCamere come la conosciamo noi oggi.

«Continuiamo ad esprimere una vision che punta all’innovazione, attenta alla sostenibilità. Oggi abbiamo quattro sedi ma il cuore resta a Padova dove lavorano 500 persone, mentre a Milano abbiamo la duplicazione del data center per il disaster recovery e a Roma e Bari altri due poli».

Come è stato influenzato il territorio da questa innovazione e che ruolo ha avuto?

«I territori sono per loro natura eterogenei per dimensioni, storie, geografie. L’acquedotto, il tubo che trasporta i dati, deve però arrivare in ciascuno allo stesso modo e le grandi camere che dopo quelle venete entrarono nel consorzio, mantennero il concetto di un sistema pensato come una catena: nella costruzione di questo modello - che poi portò alla nascita del Registro delle imprese - non dovevano esserci differenze nella gestione delle informazioni, perché la resistenza di una catena si misura sull’anello più debole».

Qual è l'importanza dei dati certificati nel contesto della rappresentazione di un territorio?

«Dati ufficiali e certificati come quelli del Registro delle imprese sono lenti indispensabili per leggere l’economia locale. I fenomeni economici avvengono sempre in un contesto fisico e il modello in cui si manifestano è differente da territorio a territorio. Dal turismo alla manifattura, alle start up cambiano i parametri di analisi e solo sapendoli incrociare con le caratteristiche locali c’è la possibilità di capire. Se sai leggere i dati in questo modo puoi fornire strumenti utili ai policy maker. Ecco perché è importante anche il racconto che stiamo iniziando con il vostro giornale, descrivendo la struttura economica di specifici territori fino ai singoli comuni».

Quali sono le iniziative più importanti che state portando avanti?

«Il Registro delle imprese gestito da InfoCamere oggi è un vero e proprio hub-informativo per dati provenienti da diversi soggetti pubblici. Abbiamo al nostro interno i dati occupazionali, le certificazioni Iso, quelle di genere fino a quelle più evolute sulla sostenibilità e lo sviluppo del mondo Esg. Viene naturale convogliare qui le informazioni non tanto e non solo perché il registro è un archivio sicuro, ma perché è stato interconnesso con tutte le imprese. È per loro che abbiamo realizzato il “cassetto digitale dell’imprenditore” con cui tutti possono accedere ai propri dati anche dallo smartphone. Steve Jobs diceva “se vuoi cambiare la testa delle persone perdi tempo, se cambi lo strumento che usano cambi il mondo”. Noi abbiamo scelto questa strada. E poi un altro tema fondamentale per le imprese sul quale stiamo investendo moltissimo è l’identità digitale».

E nei progetti sul territorio?

«Siamo impegnati a valorizzare l’esperienza che abbiamo costruito nella realizzazione e gestione degli sportelli unici: oggi oltre la metà dei comuni italiani usa il SUAP della piattaforma nazionale camerale da cui possono vedere in tempo reale l’aggiornamento delle proprie pratiche, una best practice che ci sta guidando verso altre sfide importanti per la semplificazione dei rapporti tra imprese e pa».

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