Il Veneto alla sfida della space economy. «Imprese piccole serve un campione»
Paolazzi (Fondazione Nord Est): «Vogliamo mappare il settore». Un monitoraggio che verrà esteso anche a Lombardia e Piemonte

Chi è pronto per lo spazio? Luca Paolazzi, direttore scientifico di Fondazione Nord Est, chiude con questo provocatorio quesito l’appuntamento sulla filiera aerospaziale in Officina Stellare, azienda super innovativa attiva progettazione di telescopi e sistemi di ottica.
La space economy è diventata uno dei perni dello sviluppo futuro e il Veneto e con essa tutti i suoi attori principali si stanno domandando quali siano le traiettorie di crescita da percorrere.
La sfida di Fondazione Nord Est, lo spiega bene Paolazzi con un intervento multidisciplinare condito di scienza, filosofia, musica ed ovviamente mega trend economici, lo fa con il suo Progetto space economy, definita nel contesto stellare come «una sfida epica».
«Perché si entra in un terreno ad elevata dose di tecnologie e incognito per le sue competenze» spiega.
Due sono gli obiettivi che si dà la Fondazione come attore di territorio: il primo, mappare, con metodi innovativi (web scraping) le imprese del Nord-est che operano o potrebbero lavorare nella space economy; il secondo, fare proselitismo, illustrando con storie aziendali le opportunità nascoste nell’immensità dello spazio. Avendo ben presente che si tratta di un territorio ricco di saperi e tecnologie e vivace nell’imprenditoria.
Questa attività, ha spiegato ancora, verrà estesa alle altre regioni del Nord, soprattutto Lombardia e Piemonte. Così da fare massa critica. E rafforzare la crescita potenziale del Paese.
Opportunità si diceva che hanno dimensioni enormi. Contesto internazionale livello di innovazione tra i più alti che ci possano immaginare. Il perché lo spiega bene Anna Gregorio della triestina Picosats: dal defibrillatore, alla tecnologia miniaturizzata che tutti noi usiamo quotidianamente con il nostro smartphone, ai sistemi che ci permettono banalmente di poter usare quella comoda invenzione che si chiama geo-localizzazione fino al fondamento di tutta la nostra vita moderna, le reti di telecomunicazione, tutta la nostra tecnologia prima che per i terrestri era stata pensata per lo spazio.
Ma ora che questo mondo di meraviglie tecnologiche è uscito dal perimetro dei soli programmi governativi ed ha invaso con la pervasività dell’innovazione collettiva
Lo spettacolo è, prosaicamente, nei numeri già significativi della space economy: 400 miliardi il fatturato ora, mille miliardi nel 2040 (ma c’è chi stima 3mila). Una crescita del 5% annuo che nessun altro settore può vantare. E in questo senso dice Paolazzi: «L’economia italiana è all’avanguardia per impegno pubblico, tecnologie, competenze e attività imprenditoriale. L’Italia è tra i pochi paesi che ha un budget pubblico per lo spazio di oltre 1 miliardo di dollari ed è il terzo contributore dell’European Space Agency con 2,3 miliardi di euro dopo Francia e Germania. È anche uno dei pochissimi paesi ad avere una filiera completa su tutto il ciclo».
Ma c’è un limite che sottolinea Fabrizio Spagna, presidente di Veneto Sviluppo: «Sta nella taglia delle imprese. Questo è un settore che per il tasso di innovazione che lo caratterizza necessita di molti investimenti in capitale. Ecco perché è necessario identificare un aggregatore, qualcuno che giochi non solo in una filiera di alta qualità ed eccellenza ma sia in grado di proporre un suo progetto, fosse anche in una nicchia». In questo senso i piccoli della filiera dell’aerospaziale sono anche i più fortemente tecnologici. Lo dimostra l’attività di Picosats, quella di T4i, con i suoi minilanciatori e piattaforme satellitari, lo dimostra Officina Stellare. I grandi della filiera come Isoclima e Irca sono fornitori di alto livello e la space economy è un pezzo del loro business non il core (almeno per ora, poiché è un driver fondamentale di sviluppo futuro). «Officina Stellare potrebbe fungere da centro aggregatore e poi andarsi a cercare capitali in mercati che sostengono bene queste iniziative, penso per esempio al Nasdaq» conclude Spagna.
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