I partigiani di Tito, la fuga da Zara e un campo per il Cynar: Luxardo e il suo Maraschino compiono due secoli

La storia di una famiglia che creò il primo produttore di liquori del Regno d'Italia e che oggi è a capo di una impresa internazionalizzata che conta circa 50 dipendenti e fatturava nel 2019 quasi 30 milioni di euro. Una corsa rallentata da un 2020 in flessione

Duecento anni di storia proprio in questo 2021, per una famiglia che da 7 generazioni è alla guida di uno dei nomi più noti del mondo dei liquori italiani. Un'azienda, la Luxardo Spa di Torreglia, che oltre a produrre il celebre Maraschino distilla e distribuisce in oltre 83 paesi del mondo sambuca e cherry, aperitivo e limoncello, amaretto e molto altro ancora.

Una media impresa internazionalizzata che conta su circa 50 dipendenti e fatturava nel 2019 quasi 30 milioni di euro. Luxardo negli ultimi anni aveva visto incrementi importanti, sia in termini di utili (addirittura un + 66% dai 4,2 milioni del 2018 ai 7 milioni del 2019), che di valore della produzione (circa + 20% sul 2018), portando le bottiglie vendute sopra quota 6 milioni di pezzi nel 2019.

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Ma la corsa del triennio 2017-2019 è stata rallentata da un 2020 la cui flessione viene stimata intorno al 14%. Una battuta d'arresto, per altro comune a molti colleghi del settore, che si deve alla crisi di un canale di vendita, quello dell'horeca (ristorazione, alberghi e pubblici esercizi) le cui vicissitudini sono tanto note quanto comuni ai quattro angoli del mondo.

«Un'azienda come la nostra che esporta oltre il 70% dei suoi prodotti in 83 diversi paesi, Stati Uniti in testa, generalmente si tiene al riparo da crisi localizzate» spiega Piero Luxardo, presidente della società «ma in questo caso abbiamo dovuto pagare anche noi lo scotto di una pandemia davvero globale. Registriamo una battuta d'arresto che non ho dubbi sapremo superare grazie ad una gestione attenta e consapevole come quella che ci ha garantito ottimi risultati negli ultimi».

Ma un 2020 in flessione non spaventa una famiglia da 2 secoli alla guida di una società capace di superare qualsiasi ostacolo, anche l'eradicazione dalla propria terra, l'esproprio dei beni e addirittura l'assassinio e la fuga dei suoi proprietari e amministratori.

Perché quello che per molti è un sinonimo del bere veneto, in realtà lo è nell’ accezione culturale ma non precisamente dal punto di vista storico e politico. Il Maraschino Luxardo, che dal 1947 è parte integrante della tradizione della Torreglia padovana è nato in effetti in terra di Dalmazia, pochi decenni dopo l'annessione di quelle terre, veneziane da secoli, all'Impero Asburgico con la Restaurazione e il Congresso di Vienna.

Era il 1817 quando il nobile genovese Girolamo Luxardo sbarcò a Zara come rappresentante consolare del Regno di Sardegna assieme alla moglie Maria Canevari e i loro 4 figli (in seguito diventati 8). E fu proprio la moglie a dedicarsi, come era uso del tempo, a produrre liquori in casa, prestando la sua attenzione ad un liquore che nella cittadina dalmata era conosciuto sin dal Medioevo, prodotto nei conventi col nome di "Rosolio Maraschino".

Un liquore a base di marasche che altro non sono che piccole ciliegie aspre tipiche di quelle zone. Il risultato fu un successo che richiamò l'attenzione di amici e di estimatori spingendo Girolamo a rielaborare la ricetta ed a fondare nel 1821 una fabbrica destinata alla produzione del Maraschino. Dopo 8 anni di studi e di perfezionamenti Girolamo chiese ed ottenne, dall'Imperatore d'Austria, un privilegio che riservava all'inventore la produzione esclusiva di tale tipo di liquore per 15 anni.

Nacque così la fortuna di una famiglia da sempre legata alla propria patria d'origine, e che da questa ottenne, dopo la fine della Prima guerra mondiale e l'annessione di Zara negli anni subito successi al Trattato di Rapallo, una rinnovata attenzione anche in termini commerciali, che garantì a Luxardo di diventare in breve il primo produttore di liquori del Regno d'Italia.

Poi il secondo conflitto mondiale con le forze dell'Asse ad invadere l'Europa. E se per il resto del mondo la fine della guerra fu l'inizio di una nuova vita, per la famiglia Luxardo, italiana di Dalmazia, questa si trasformò in una tragedia: la confisca dei beni e della fabbrica, l'uccisione di ben tre dei membri della famiglia, la fuga via mare verso le coste italiane risalendo in fretta l'Adriatico su una barca a vela.

«L'arrivo dei partigiani di Tito per noi significò l'uccisione di 3 persone (mio nonno Piero e mio prozio Nicolò con la moglie Bianca), l'esproprio dei nostri beni e l'obbligo dei superstiti ad una fuga precipitosa, in barca verso le coste italiane» ricorda Piero Luxardo.

«Mio padre, allora solo diciottenne, e suo zio Giorgio, scelsero di rimettere in piedi l'azienda e cercarono un luogo dove ripiantare gli alberi delle marasche necessarie alla distillazione del liquore. Fu grazie ad una consulenza dell'Università di Firenze che scelsero Torreglia, acquistando nel 1947 un terreno dalla ditta Pezziol, che faceva il Cynar».

L'azienda riprese vigore, e crebbe fino ad tornare ad essere un punto di riferimento per il mercato italiano ed internazionale dei liquori. Una storia che è anche evoluzione aziendale e familiare in dialogo costante tra tradizione e modernità.

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