Manni: «Acciaio europeo sotto pressione. Serve un riequilibrio regolatorio»

Il gruppo veronese ha avviato una joint venture con Marcegaglia per il primato nei pannelli coibentati. Il presidente: «Il progetto, dal valore di 500 milioni, consolida Isopan come player globale»

Federico Piazza

I gruppi siderurgici Manni e Marcegaglia hanno avviato nel 2025 una joint-venture con cui nasce un polo produttivo da 500 milioni di euro di ricavi e 700 dipendenti nel comparto dei pannelli coibentati. Ne parla Francesco Manni, presidente del gruppo industriale veronese che nel 2024 ha realizzato oltre 700 milioni di euro di fatturato consolidato con acciaio, pannelli isolanti ed energia con 10mila clienti tra Europa, Nord e Sud America. E intanto proseguono gli investimenti in Veneto e Friuli.

Innanzitutto, come procedono le attività industriali di Manni Group in Triveneto?

«Il Nord Est rappresenta per noi il cuore produttivo e direzionale. Nel 2024 abbiamo accelerato sul fronte degli investimenti, soprattutto negli stabilimenti di Verona, Udine e Crema. Stiamo lavorando sull’efficientamento delle linee, l’automazione dei processi e l’introduzione di soluzioni digitali, anche attraverso sistemi di controllo avanzati per la gestione energetica. Le attività produttive stanno rispondendo bene, anche grazie a un modello operativo sempre più orientato all’off-site, alla prefabbricazione e alla sostenibilità».

Cosa prevede la partnership con Marcegaglia?

«Dall'inizio di quest'anno abbiamo dato vita a una joint-venture strategica nel settore dei pannelli sandwich Isopan. Questa operazione ha ampliato la nostra presenza grazie all'ingresso nell’accordo dello stabilimento in Polonia e ha rafforzato la nostra posizione in Italia, con un sito in Piemonte, migliorando così la capacità di servire le regioni del nord-ovest».

Che obiettivi avete?

«La joint-venture con Marcegaglia rappresenta un passo storico nella nostra traiettoria di crescita. Il progetto, che riguarda la produzione di pannelli coibentati, ha un valore potenziale complessivo di 500 milioni di euro e consolida Isopan come player globale in questo segmento. L’obiettivo comune è unire le competenze tecnologiche e produttive di due realtà italiane con forte vocazione internazionale per aumentare la capacità produttiva, aprire nuovi mercati e portare soluzioni sempre più performanti e sostenibili al mondo delle costruzioni».

Quanto rappresentano oggi i pannelli isolanti sul vostro giro d’affari?

«Nel 2024 Isopan ha generato quasi il 40% del fatturato consolidato di gruppo, che è stato di 727 milioni di euro. Un altro 45% è stato realizzato dalle divisioni acciaio Manni Sipre e Manni Inox, e circa il 15% da Manni Energy».

Come è andato a livello di Gruppo il 2024 rispetto al 2023?

«I ricavi sono stati in linea con l’anno precedente, nonostante la complessità congiunturale. E l’Ebitda ha confermato le attese grazie all’efficientamento dei processi e al contenimento dei costi variabili. Dal punto di vista geografico l’Italia ha rappresentato il 55% del fatturato, il resto d’Europa (Spagna, Romania, Germania, Francia, Rep. Ceca) il 35%, l’America Latina e gli Stati Uniti (attraverso IsoCindu e Manni Green Tech USA) il 10%».

Quanto vi preoccupa il forte rallentamento in corso del mercato siderurgico europeo?

«Manni Group ha sempre fondato la propria strategia su una visione di lungo termine e sulla capacità di adattarsi con flessibilità alle fasi cicliche del mercato. La congiuntura attuale ci trova attrezzati: abbiamo rafforzato la resilienza del Gruppo grazie a una diversificazione geografica e di business, continuando a investire in innovazione tecnologica, digitalizzazione dei processi e partnership strategiche. Siamo consapevoli che domanda interna e contesto normativo, come le politiche doganali in primis. giocheranno un ruolo cruciale nel prossimo futuro. Ma riteniamo che l’eccellenza industriale e la capacità di generare valore ESG restino gli elementi differenzianti».

Siete specializzati nell’acciaio inox. Come sta andando questo mercato?

«È tra i più colpiti dalla pressione asiatica. La debolezza della domanda europea, combinata con flussi d’importazione a basso costo, crea uno squilibrio che mette sotto pressione le aziende del settore. Con Manni Inox abbiamo puntato su specializzazione e servizio: tracciabilità, just-in-time, digitalizzazione dei flussi e flessibilità produttiva sono le nostre risposte per mantenere competitività. Serve però un riequilibrio anche a livello regolatorio, per evitare distorsioni che penalizzano l’industria europea».

Il PNRR sta almeno aiutando le vendite di acciaio da costruzione?

«Sì. Il PNRR, pur non esprimendo appieno il proprio potenziale, sta fornendo un flusso di nuovi progetti sia nella sfera dell’involucro di Isopan che in quella delle strutture in acciaio di Manni Sipre».

E i mercati esteri?

«Nel 2024 abbiamo registrato dinamiche differenziate. In Europa bene la Spagna, dove manteniamo una buona performance, e la Romania con risultati molto rilevanti grazie a una presenza consolidata e a una domanda stabile. Inoltre, lo stabilimento polacco della joint-venture con Marcegaglia sui pannelli ci consente di servire efficacemente il Nord Europa e crea importanti sinergie per l'Est Europa, affiancandosi alla produzione rumena. Il mercato polacco delle costruzioni registra una crescita robusta con outlook positivo, permettendoci di concentrarvi la produzione per quest'area per servire anche il mercato tedesco e garantendoci migliori economie di scala ed efficienza».

Quindi lasciate la Germania?

«Il mercato tedesco delle costruzioni è da oltre due anni in fase di stagnazione e non giustifica più la presenza di uno stabilimento dedicato. Manteniamo comunque un presidio commerciale, data l'importanza strategica del Paese e i piani di investimento annunciati».

L’America?

«Brillanti i risultati del Messico, che continua a cogliere la crescita costante del mercato domestico delle costruzioni, aggiungendo buone performance nel mercato statunitense. Manni Sipre poi continua a sviluppare il proprio export grazie all’azione di Manni Green Tech USA».

Tornando all’Europa, come vede le ipotesi di cambiamento nelle politiche UE per l’acciaio?

«Le politiche comunitarie sulla siderurgia devono conciliare competitività industriale e transizione ecologica. Il CBAM è uno strumento importante, ma va reso più efficace e integrato con misure che tutelino davvero le imprese europee da concorrenza sleale. Serve chiarezza anche sulle tempistiche e modalità di applicazione, per evitare ulteriori incertezze. L’EU Steel Action Plan può rappresentare un’opportunità per sostenere ricerca, decarbonizzazione e resilienza della filiera siderurgica. Come Manni Group, siamo pronti a fare la nostra parte, ma ci aspettiamo un contesto normativo coerente e lungimirante».

 

 

Riproduzione riservata © il Nord Est