Golden Power del governo, Valbruna salva Bolzano

Lo stabilimento altoatesino del gruppo siderurgico vicentino non dovrà essere dismesso. «È un presidio industriale di primaria importanza per il sistema produttivo nazionale»

Nicola Brillo

 

Riconosciuta la strategicità di Acciaierie Valbruna, salva la presenza dell'insediamento produttivo di Bolzano. È quanto evidenziano le conclusioni trasmesse ieri dal governo alla Provincia autonoma di Bolzano, al termine dell'istruttoria Golden Power avviata in seguito al bando di gara per l'affidamento pluridecennale dei terreni su cui sorge l'impianto siderurgico. Lo strumento normativo permette al governo di bloccare o apporre particolari condizioni a specifiche operazioni finanziarie, che ricadano nell'interesse nazionale.

È stata ritenuta dunque rilevante la continuità degli approvvigionamenti in ambito siderurgico. Le conclusioni del governo blindano così la continuità produttiva dell'acciaieria, evidenziando in modo inequivocabile l'estrema sensibilità dell'asset. Lo stabilimento di Bolzano, che impiega 582 persone dei 2.900 dipendenti del gruppo, viene definito «un presidio industriale di primaria importanza per il sistema produttivo nazionale».

La società di proprietà della famiglia vicentina Amenduni è attiva nella produzione di acciai speciali e superleghe per settori strategici civili e militari. Valbruna è tra i pochi produttori a livello globale di un'ampia gamma di prodotti siderurgici non convenzionali, anche realizzati con materie prime critiche ed essenziali. «L'applicazione dei poteri speciali - precisano fonti riportate dall’agenzia Ansa - sarà certamente valutata dall'Ufficio Golden Power al termine della procedura di gara, una volta chiarito l'esito del bando tuttora in corso e, di conseguenza, la minaccia alla continuità produttiva di Acciaierie Valbruna».

Ottima notizia anche per lo stabilimento di Vicenza, che lavora in stretta cooperazione con Bolzano. La vicenda ha origine nel 1995: dopo il disimpegno del gruppo Falck, la Provincia autonoma di Bolzano acquistò gli stabilimenti e li concesse in locazione trentennale a Valbruna, che nel frattempo ha investito oltre 450 milioni. L’accordo prevedeva un’opzione di acquisto, ma non un obbligo di rimozione degli impianti né disposizioni per un eventuale subentro alla scadenza. La famiglia Amenduni è presente a Bolzano su un’area di 19 ettari con un canone annuale di 1,5 milioni. La convenzione era scaduta il 3 settembre scorso e non è rinnovabile automaticamente.

La Provincia aveva quindi indetto una gara, tecnicamente una “procedura di evidenza pubblica”, per riassegnare l’area, con un bando che prevede una lunga serie di condizioni, associate a un punteggio: in gioco il diritto di superficie per 50 anni, con un canone da 150 milioni (3 milioni all’anno). «Le Acciaierie sono potenzialmente salve - commenta il vicepresidente della Provincia autonoma di Bolzano, Marco Galateo (FdI) -. Il lavoro in sinergia con il governo ha dato la patente di strategicità alle Acciaierie di Bolzano. Ora andrà rivisto il bando di gara».

Il mese scorso al ministero delle Imprese si era tenuto un incontro. Presenti i vertici dell’azienda, la Provincia di Bolzano con il vicepresidente Marco Galateo, la Regione Veneto con l'assessore al Lavoro Valeria Mantovan, e i sindacati. Il ministro Urso aveva assicurato «un approfondimento tecnico sulla possibilità di esercitare i poteri speciali a tutela degli interessi nazionali». Lo scorso 7 ottobre si era tenuta una manifestazione di oltre 2000 lavoratori a difesa dell'insediamento.

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