Giannola la “trentottina” si racconta e annuncia il grande ritorno del Premio Nonino nel 2022
Dopo due anni senza il Premio Nonino la data è fissata: 29 gennaio dell’anno prossimo. «Ora non ci resta che incrociare le dita – dice la signora friulana della grappa -. Perché a oggi non c’è nulla di più sicuro dell’incertezza»

PERCOTO. Non chiedetele quanti anni ha. Giannola Nonino preferisce ricordare la classe: 1938. «Sì – dice squillante, con il tono di voce che è diventato un marchio di fabbrica al pari della sua grappa – sono nata nel 1938 e più che a spegnere candeline, punto ad aggiungerne».
Lo ha fatto 27 settembre, nell’abbraccio della sua distilleria a Percoto, con un ristretto gruppo di amici, a sole tramontato. «Perché la distillazione di sera ha un che di magico».
Almeno quanto stare ad ascoltare lei, ripercorrere a grandi passi la sua vicenda personale e professionale. Tra memorie - molte conosciute, altre meno - e pure qualche annuncio. Uno su tutti: il premio Nonino, edizione numero 45.
Giannola, dopo due anni di stop, nel 2022 il premio si farà?
«La data è fissata: 29 gennaio. Ora non ci resta che incrociare le dita. Perché a oggi non c’è nulla di più sicuro dell’incertezza».
Si ricorda il suo primo incontro con la grappa?
«Impossibile dimenticarlo. È stato innamoramento e amore. Come quello per Benito. L’ho visto distillare, ho sentito il profumo della grappa liberarsi nell’aria e ho capito che quello era il mio posto».
Com’è nata la Nonino Monovitigno®?
«Una battaglia. Ricordo che dissi a mio marito: proviamo a farla di Picolit, che era il preferito di mio padre, un modo per omaggiarne la memoria, a un anno dalla morte. Il problema era recuperare le vinacce».

Vale a dire?
«Che i vignaioli le mischiavano. Quando andai a chieder loro di tenermi separate quelle di Picolit mi dissero che ero matta. Sa cos’ho fatto?»
Cosa?
«Mi sono rivolta alle mogli, che sapevo far fatica a disporre di indipendenza economica, e ho detto loro che se mi mettevano da parte la vinaccia del Picolit, subito dopo la pigiatura, gli avrei dato anziché 2 mila 500 lire per quintale, tanto pagavamo la vinaccia mista, 2 mila 500 lire per chilo. Andavo a prenderla e la portavo a casa per iniziare la fermentazione».
Molti personaggi sono stati determinanti per voi. Tra questi c’è Veronelli...
«Ci voleva qualcuno che parlasse della nostra innovazione. Così l’ho chiamato. Aveva dato fama internazionale al Picolit di Rocca Bernarda. Gli propongo di dedicargli la nostra prima distillazione di monovitigno. Accetta. Grato lui a noi... »
Risultato?
«Il 20 dicembre 1973 su Panorama, rubrica “Il buon vino”, esce un pezzo a sua firma. Titolo: “Picolit, che sgnappa”. Veniamo sommersi di chiamate».
Ne ricorda una?
«Quella di un bergamasco, un alpino, che mi chiede di mettergli da parte 50 fiaschi di grappa Picolit. “Impossibile”, gli rispondo, perché per 6 mesi deve riposare».
Passano i sei mesi...
«Richiama, ma quando gli dico che una ampolla da 250 ml costa 8 mila 500 lire (contro le 2 mila di un litro di grappa normale) mi manda a quel paese e chiude il telefono. L’alto costo della vinaccia si ripercuote su quello finale, capiamo che farlo accettare al mercato è un problema».

Risolto ancora una volta brillantemente. Facendo ricorso a influencer ante litteram...
«Ho pensato che tanto valeva regalarla quella grappa, ma a opinion leader, persone in vista, amate dal pubblico come Gianni Agnelli. E così gilel’ho mandata, invitandolo a venirci a trovare».
Le ha risposto?
«Qualche mese dopo la sua segretaria ci ha chiamato per ordinare 48 ampolle di Grappa Monotivigno Picolit che l’avvocato voleva donare agli amici a Natale».
Sembra fatta e invece le battaglie sono appena all’inizio. Perché dopo il Picolit, passare alla Grappa Monovitigno di Schioppettino, Taccelenghe e Pignolo non è stata propriamente una passeggiata.
«La Comunità europea non aveva inserito queste varietà tra quelle coltivabili. Abbiamo creato il premio Nonino Risit d’Aur per ottenere l’autorizzazione alla coltivazione dei vitigni autoctoni, vero patrimonio della nostra terra e per difendere la civiltà contadina, un grande insegnamento di mio padre».
Quello di sua madre?
«Mai molà».
Le sue figlie e nipoti, quinta e sesta generazione della vostra azienda, hanno imparato la lezione...
«Sono brave e determinate. E sono loro che hanno valorizzzato l’Amaro Nonino Quintessentia® in Italia e nel mondo che proprio quest’anno è stato eletto il migliore Amaro in Usa. Io non ci credevo. Ed è ancora merito loro se oltre 20 anni fa abbiamo iniziato a occuparci di mixologia, scoprendo che i nostri distillati sono amatissimi dai bar tender di tutto il mondo».
A proposito di prodotti italiani amati in tutto il mondo. Che ne pensa Giannola della vicenda Prosek croato?
«Che abbiamo già perso il Tocai. Ora non possiamo permettere che si metta in discussione il Prosecco, che è un tesoro del nostro Nordest».
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