Garmont in crescita del 60%: «E nel 2023 sopra i 50 milioni»

L’azienda di Vedelago beneficia dell’espansione sui mercati statunitense e tedesco. L’ad Bressa «Fiducia nei giovani manager»

Lorenza Raffaello
daniel geiger action imaging
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Un fatturato aggregato 2022 di 40,5 milioni, superiore del 60% rispetto al 2021 e una crescita della domanda a doppia cifra: più 40% nel mercato americano, con un presidio a Portsmouth, in New Hampshire, e più 60% nel mercato di riferimento in Germania, grazie a una rete distributiva molto capillare, con una crescita costante sui principali mercati europei, per un totale di oltre mezzo milioni di paia di calzature vendute in tutto il mondo.

Il 2022 di Garmont International, l’azienda trevigiana di Vedelago, brand di riferimento di calzature e scarponi tecnici per le diverse esigenze della montagna e outdoor, è stato un anno da ricordare.

Regionalizzazione della catena del valore, reshoring e una grande cultura di change management, condiviso da tutti i 28 dipendenti dell’azienda, sono stati i fattori che hanno permesso di raggiungere i risultati, il tutto assecondato anche da un ottimo trend generale del mercato dell’outdoor che ha ampliato la fetta del mercato disponibile, sapientemente intercettata dall’azienda.

Complici le dinamiche internazionali degli ultimi anni, che hanno portato le persone a scoprire o a riscoprire la montagna, si sono infatti moltiplicati gli utilizzatori, per la maggior parte neofiti che si sono avvicinati alla montagna indossando scarpe di primo prezzo, ben presto abbandonate in favore di un prodotto più tecnico e sicuro. Garmont fedele al suo pay-off “Get outside” si è posta l’obiettivo di portare le persone all’aperto per fare esperienze e, senza snaturare il suo Dna tecnico e qualitativo, ha allargato il bacino di utilizzatori effettivi.

«Nell’ultimo anno abbiamo affrontato l’imprevedibile. La supply chain è stata davvero complessa da gestire, fortunatamente già nel 2019 avevamo adottato una politica di differenziazione delle fonti di approvvigionamento e questo ci ha permesso di lavorare in sicurezza», spiega Davide Calcagnotto, direttore generale di Garmont. «Produciamo in tutte le zone del mondo, in Asia, Europa e America, in modo tale da avere gli stessi prodotti in luoghi diversi per garantire la continuità. E poi siamo ricorsi al reshoring, riportando in Europa modelli che producevamo solo in Asia, cosa che ci consente di essere più sostenibili dal punto di vista di emissioni».

La sostenibilità è un punto nevralgico della strategia industriale Garmont: «Per noi sostenibilità non è questione di moda», continua Calcagnotto. «Siamo un’azienda con età molto bassa e si respira l’esigenza di essere sostenibili, per tutelare il futuro. Fare scarpe vicino al mercato di sbocco e che durano molto, per noi significa essere sostenibili, usare le ultime tecnologie in fatto di materiali con minor impatto ambientali, è il nostro modo per diventarlo: quest’anno abbiamo rivisto in quest’ottica alcuni dei nostri modelli storici, così arriveremo ad abbattere il 30-40% le immissioni di CO2. Per velocizzare il processo ci affidiamo a nuove partnership come quella con Acbc, prima azienda calzaturiera italiana ad aver ottenuto la certificazione B-Corp».

«Il motivo del nostro successo sta nella struttura molto leggera, nella flessibilità e nel nostro modello di business: acquistiamo competenze tra le migliori sul mercato a patto che dimostrino grande flessibilità e dinamicità, poi siamo veloci nel prendere decisioni» aggiunge Pierangelo Bressan, presidente e ceo Garmont. «Ci vuole una mentalità aperta e fiducia nei confronti dei giovani manager. Le prospettive per il 2023 sono molto lusinghiere, ci aspettiamo una crescita a doppia cifra chiudendo sopra i 50 milioni».

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