Faber interessata alla Berco: «Polo nell’industria bellica»

ThyssenKrupp dismette il sito veneto. L’azienda di Cividale conferma di puntare allo stabilimento di Castelfranco Chiamata per il governo: «Essenziale collaborare con istituzioni e parti sociali»

Riccardo De Toma

 

Un mini polo dell’industria bellica. È effettivamente la friulana Faber Industrie di l’azienda interessata ad acquisire da ThyssenKrupp la Berco di Castelfranco Veneto. Faber ha sede a Cividale del Friuli e ha un sito produttivo anche a Castelfranco, confinante con quello di Berco, considerato non più strategico da ThissenKrupp, alle prese con un difficile piano di risanamento e rilancio della sua controllata italiana, presente in Veneto, dove lavorano 150 persone, e nel quartier generale di Copparo (Ferrara), dove operano in 250 addetti.

Faber, in un comunicato diffuso ieri, conferma sia i rumors riguardo all’interesse per Berco sia quelli relativi alla logica dell’operazione, legata al piano Rearm Europe e alle connesse prospettive di crescita dell’industria bellica.

Dietro all’ipotesi di acquisizione, infatti, c’è un piano industriale, ancora in itinere, che prevede di estendere a Berco il progetto di riconversione già avviato da Faber nel suo stabilimento di Castelfranco, dove la produzione di ogive e bossoli sta progressivamente sostituendo quella di bombole per gas.

«Siamo solidali rispetto a quanto sta succedendo alla Berco – si legge nel comunicato – ed in particolare nello stabilimento confinante al nostro, in cui quasi 150 persone sono in attesa di capire il loro destino. Lo sviluppo di un piano industriale di riconversione per la difesa del nostro sito produttivo, che è in fase di completamento, potrebbe assorbire una parte significativa di queste maestranze in prospettiva e ridare slancio manifatturiero al territorio».

Faber, però, chiede garanzie. «Considerando la difficoltà nell’acquisizione di contratti pluriennali, risulta prematuro impegnarsi in “acquisizioni” e ulteriori investimenti rispetto a quelli già effettuati per costruire una capacità produttiva ottimale. È quindi essenziale collaborare sulle ipotesi del piano industriale con il supporto delle istituzioni e delle parti sociali, al fine di ottenere le evidenze necessarie per un possibile accordo che soddisfi tutte le parti coinvolte».

Per Faber e Berco sarebbe un ritorno al passato, essendo nate entrambe dalle ceneri di Simmel, la storica azienda castellana, dismessa negli anni Novanta, specializzata nella produzione di munizioni di grosso calibro. «In questo contesto di incertezza globale – si legge ancora nel comunicato – Faber appoggia attivamente la cooperazione tra gli attori del settore difesa nazionali e transnazionali, offrendo la propria esperienza per partecipare alla costruzione di un sistema di sicurezza integrato e resiliente.

Da alcuni mesi – si legge ancora nel comunicato – Faber ha stretto una collaborazione con il Governo italiano per permettere al nostro Paese un’autonomia produttiva che di per sé rappresenta un asset strategico nazionale a cui Faber desidera partecipare. Mantenere una filiera nazionale robusta, garantire indipendenza operativa e prontezza d'intervento sono elementi cruciali in scenari di crisi globale. Questo approccio assicura il pieno controllo delle competenze tecniche e delle risorse, anche aziendali, che altrimenti rischiavano di andare perdute».

Il sito di Castelfranco, per Faber, «ha il potenziale per diventare uno dei più importanti siti produttivi europei del settore». Curiosamente, a dirlo è la stessa azienda che tra il 2021 e il 2022, grazie soprattutto alla sua forte vocazione all’idrogeno, era finita nel mirino della russa Rusatom Gas Tech, tanto che nel giugno del 2022, tre mesi dopo l’invasione dell’Ucraina, il governo Draghi decise di usare il Golden power per bloccare ogni ipotesi di cessione. Nei nuovi scenari, il Governo è diventato un committente strategico. E il primo interlocutore cui Faber chiede garanzie prima di impegnarsi su Berco. —

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