Export di vino: bene la Germania, male il Regno Unito

Il report di Wine Monitor Nomisma evidenzia un andamento non univoco dei principali mercati mondiali, ma nel complesso nei primi sei mesi del 2025 è stato registrato un +2,1% in volumi e un +1,5% in valore. Negli Stati Uniti hanno pesato in positivo le scorte prima dei dazi del 15%

Maurizio Cescon
Lieve incremento di export del vino italiano tra gennaio e giugno 2025
Lieve incremento di export del vino italiano tra gennaio e giugno 2025

La vendemmia 2025 a Nord Est promette bene e ormai mancano pochi giorni alla raccolta delle uve di Glera, tra Valdobbiadene e il Friuli, con le quali si farà il Prosecco.

L’export, secondo gli ultimi dati di Wine Monitor riferiti al primo semestre dell’anno, dà segnali positivi per quanto riguarda la Germania, gli Usa si salvano grazie alle scorte incamerate pre dazi, mentre il Regno Unito evidenzia una flessione piuttosto acuta.

In tale contesto, però, c’è da segnalare il calo dei consumi degli alcolici che, in alcuni mercati, come Regno Unito, ma anche Europa del Nord e Stati Uniti, accelera.

Tanto che giganti del settore, come Diageo, che ha in portafoglio marchi quali il whiskey Johnny Walker, la celebre birra irlandese Guinness, il gin Gordon’s e la vodka Smirnoff, ha annunciato cali di fatturato del 30% in un solo anno.

Consolidata, infine, la disaffezione della generazione Z per l’alcol, compreso il vino: sempre meno giovani bevono, uno su due in Inghilterra, mentre negli Usa è stata rilevata la percentuale più bassa di consumatori di bevande alcoliche, pari al 54%.

Un quadro in chiaroscuro, dunque, per il mondo del vino, asset fondamentale dell’economia nordestina, che nemmeno i segnali confortanti delle esportazioni possono rendere meno preoccupante.

Ecco che diventa indispensabile supportare le imprese e le istituzioni della filiera vitivinicola italiana nella lettura delle tendenze di mercato globali e guidarle nella definizione delle proprie strategie di internazionalizzazione.

La fotografia aggiornata delle importazioni di vino nei principali mercati mondiali tra gennaio e giugno 2025 mette in luce l’assenza di un andamento univoco: nella prima metà dell’anno, infatti, i singoli Paesi monitorati nel report di Nomisma evidenziano dinamiche differenti, anche se complessivamente i 12 principali mercati internazionali fanno registrare una crescita del +1,5% a valore e del +2,1% a volume.

Gli Stati Uniti si confermano il principale punto di riferimento, ma la fine dell’accumulazione di scorte da parte degli importatori in previsione dell’entrata in vigore dei dazi al 15% disposti dall’amministrazione Trump, ha visto un secondo trimestre in calo: se infatti fino a marzo la crescita delle importazioni aveva segnato un +22% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, il cumulato aprile-giugno ha invece registrato una riduzione del -7%.

Si tratta di una tendenza che ha coinvolto anche gli acquisti di vini italiani: la variazione per il primo semestre appare positiva (+2,5%) solo grazie all’ accumulazione avvenuta nei primi tre mesi dell’anno.

Per quanto riguarda gli altri mercati, anche in Canada i vini italiani hanno “scontato” l’effetto dazi ma, al contrario nel primo semestre dell’anno le importazioni dall’Italia sono cresciute di quasi l’11% beneficiando della sostituzione “a scaffale” dei vini statunitensi (come ritorsione ai provvedimenti tariffari di Trump), crollati di oltre il 65%.

Una performance molto positiva per i vini italiani si registra pure in Germania (+10,3% a valore), in evidente recupero rispetto all’anno scorso.

Al contrario, il Regno Unito fa segnare una flessione nell’import di vini italiani del -7% a valore, così come Svizzera, Corea del Sud, Norvegia e Cina, che hanno registrato una contrazione delle importazioni come risposta al rallentamento della domanda interna. In positivo, invece, Giappone e Brasile.

Rispetto alle singole categorie di vini, rallenta l’ascesa degli spumanti, con una crescita cumulata nei 12 mercati pari a +1% a valore e +6% a volume: Giappone, Stati Uniti e Cina sono i tre mercati che registrano le crescite più dinamiche.

Una fotografia di segno opposto, invece, è quella del Regno Unito (-6,6% a valore), Francia (-2,4%) e Australia (-4,4%). Sul fronte degli acquisti di vini fermi e frizzanti italiani la Germania, dopo un 2024 in negativo, mette a segno un bel recupero (+14,2% a valore), unitamente a Canada, Australia e Brasile, evidenziando performance positive rispetto ad altri mercati come Regno Unito (-8,1%) e Cina (-10,5%).

«Il rischio di una contrazione del mercato statunitense potrebbe avere un impatto significativo per l’export vitivinicolo italiano - commenta Denis Pantini, responsabile Nomisma Wine Monitor - , anche alla luce di un trend nei consumi interni che già da qualche anno mostra segnali di rallentamento. Diventa fondamentale per le nostre imprese iniziare a guardare con più attenzione a nuove aree geografiche di espansione». —

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