Dogane, parte la riforma. Sfida ai big del Nord Europa
Con il Dlgs 141 del 2024 viene ridisegnato il quadro delle regole per i Porti. Carnielli: « Se i controlli sono più efficienti, diventiamo più competitivi come sistema Paese»

Proporzionalità delle sanzioni e più spazio al contraddittorio, centralizzazione delle verifiche e semplificazione delle procedure per rendere più rapidi i controlli. E, magari, tener testa ai grandi porti del Nord Europa.
La riforma del diritto doganale introdotta con il decreto legislativo 141 del 2024 sta ridisegnando la complessa materia che regola le attività di vettori, spedizionieri e agenti marittimi nel duplice tentativo di adeguarsi alla normativa europea e di aumentare la competitività del sistema.
Al di là dell’immaginario collettivo, che relega il tema al traffico di sigarette e alcolici, gli addetti ai lavori considerano ancora troppo bassi i valori per considerare una fattispecie contrabbando. E avvertivano da tempo l’urgenza di un aggiornamento e un riordino della normativa, che potesse garantire una migliore operatività dei traffici. Anche alla luce delle tensioni geopolitiche globali – in primis, la minaccia dei dazi statunitensi – che pesano sugli scambi internazionali.
«È una rivoluzione copernicana, sia per le violazioni penali sia per quelle amministrative. Riordina la disciplina sanzionatoria in conformità con il diritto europeo, superando una pesante difformità che andava a danno dell’operatore, e risponde a un’esigenza di recepimento di nuove prassi operative sul transito delle merci, semplificando le procedure di accertamento e riducendo tempi e costi per gli operatori», spiega l’avvocata Anna Carnielli, presidente del Propeller Club Port of Venice, alle spalle otto anni da consulente legale a Trieste per la multinazionale Evergreen.
Carnielli è tra gli autori del manuale “La riforma del diritto doganale nell’operatività del diritto marittimo”, appena pubblicato dalla casa editrice Rivista edizioni di Trieste. La pubblicazione punta a mettere ordine tra le normative che regolano il diritto doganale e il diritto della navigazione, evidenziandone l’incidenza sui traffici marittimi e le catene logistiche globali.
Il fermo merce nei terminal, le sanzioni amministrative (ora ridotte tra l’80% e il 150% dei diritti di confine), i ricorsi in sede europea contro le decisioni nazionali sono tutti elementi che hanno un effetto sulla scelta degli operatori di sbarcare in un porto piuttosto che in un altro. «Da qualsiasi parte la si veda è una questione economica. I comportamenti dell’amministrazione generano costi: se i controlli sono più efficienti, diventiamo più competitivi come sistema Paese».
Il rischio infatti è che la merce corra su altre rotte ed entri in Europa dal “Northern Range”, i porti di Anversa, Rotterdam e Amburgo. Per contrastarne la concorrenza, gli scali di Trieste e Venezia hanno già investito su scanner e tecnologie che velocizzano i controlli. «Ora ci sarà un cross check: diverse autorità stanno già implementando nuove piattaforme con l’Agenzia delle dogane e gli operatori. La speranza è che mettendo in rete i documenti sia possibile distribuire i controlli, per agevolare un traffico più fluido delle merci», prosegue Carnielli.
C’è poi il capitolo dazi, con la minaccia di una guerra commerciale sempre dietro l’angolo. Gli autori del libro hanno provato a immaginarne l’impatto potenziale, suggerendo alle imprese gli strumenti per non farsi cogliere impreparati. «Vanno riconsiderate le catene di fornitura e differenziate le fonti di approvvigionamento: bisogna presidiare i mercati di maggiore interesse per la propria azienda. Aziende come Giovanni Rana o Roncadin hanno aperto prima di altri stabilimenti negli Usa, comprendendo che la situazione sarebbe cambiata», sottolinea l’avvocata. «Per questo occorre un grande investimento sulla consulenza strategica di qualità: avere le giuste informazioni in anticipo farà la differenza».
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