Dazi al 36% della Cina su grappa e altri liquori «Puniti senza motivo»

Le reazioni dei produttori di Veneto e Friuli Venezia Giulia. Bonollo: segnale politico e commerciale negativo. Nonino: poco export, ma mercato interessante. Castagner: così cambia il prezzo del prodotto

Maurizio Cescon
Elvio Bonollo è il vice presidente del Consorzio nazionale grappa
Elvio Bonollo è il vice presidente del Consorzio nazionale grappa

Sono passati sottotraccia e poi letteralmente oscurati da quelli di Trump. Ma pochi giorni fa la Cina, senza colpo ferire, ha introdotto dazi piuttosto pesanti, tra il 32 e il 36 per cento, su uno specifico segmento di prodotti europei, gli spirits.

Ovvero liquori, cognac, grappe e quant’altro. E visto che a Nord Est i distillatori sono tanti e importanti (Nonino, Nardini, Bonollo, Castagner, Tosolini, Domenis, solo per citarne alcuni), la decisione delle autorità di Pechino ha sollevato malumori e timori.

A farsi portavoce del malcontento è Elvio Bonollo, consigliere di amministrazione di Bonollo 1908, storico marchio padovano che fattura oltre 73 milioni di euro, e vicepresidente del Consorzio nazionale grappa.

«La decisione della Cina di imporre dazi antidumping sull’importazione di acquaviti di vino e vinaccia provenienti dall’Unione europea, e quindi anche sulla grappa, la nostra acquavite di bandiera - afferma l’imprenditore - è una misura che ci preoccupa non tanto per le conseguenze economiche immediate, visto i quantitativi limitati attualmente esportati sul mercato cinese, ma soprattutto per il segnale politico e commerciale che lancia. La grappa è il distillato simbolo del saper fare italiano, intensità e ricchezza aromatiche inimitabili che sono il frutto di una tradizione secolare e di un impegno costante nella qualità e nell’innovazione. Negli ultimi anni abbiamo investito nell’export, promuovendo la nostra eccellenza nei mercati internazionali dove con grande impegno stiamo facendola conoscere. Le barriere imposte dalla Cina e l’aleatorietà legata all’andamento della trattativa sui dazi Ue-Stati Uniti contribuiscono a generare un clima generale di instabilità e incertezza in un momento in cui il nostro settore avrebbe bisogno di certezze, apertura e collaborazione anche internazionale. È essenziale che le istituzioni italiane ed europee facciano squadra attivando con tempestività un dialogo costruttivo con le autorità cinesi per porre rimedio a questa decisione che, nello specifico, penalizza senza alcun reale e fondato motivo la nostra acquavite di bandiera. È fondamentale tutelare non solo gli interessi economici, ma anche il valore culturale e identitario della grappa, che merita rispetto e protezione».

Preoccupazione anche da parte della nota distilleria friulana Nonino. «Siamo arrivati in Cina molti anni fa, io stessa ho fatto 8 road show dalle metropoli e nelle città più piccole - dice la consigliera di amministrazione dell’azienda Antonella Nonino - . La tradizione cinese guarda con favore al distillato bianco e durante i viaggi di lavoro ho potuto constatare che tanti cinesi si avvicinavano volentieri alla nostra grappa. A causa del Covid tutto si è interrotto, ma adesso stiamo riprendendo le relazioni, si tratta di un mercato interessante e di grandi potenzialità. Questa tassa appena introdotta è molto impattante, il 36%, principalmente crea problemi al cognac, che va per la maggiore in Cina. Abbiamo appena avuto un ordine dalla Cina di grappe invecchiate, e devo dire che le autorità di Pechino hanno fatto delle indagini anti dumping e grazie alla nostra collaborazione, siamo riusciti a ottenere uno sconto sulla tariffa, che dal 36,9% è stata abbassata al 32,2%. Non abbandoniamo assolutamente il mercato cinese anche se per il mondo degli spirits italiano non rappresenta una quota significativa di export».

«Distillo ottimismo prima della grappa, sono momenti non semplici, ne ho viste di tutti i colori - osserva Roberto Castagner, titolare dell’omonima distilleria di Visnà di Vazzola in provincia di Treviso - . Non dobbiamo avere paura del futuro, perché il futuro ci aspetta. Saremmo più contenti a non avere dazi, ma i più preoccupati sono i francesi. Se loro faranno trattative bilaterali con la Cina, speriamo che anche per noi i dazi calino, il 30% cambia il prezzo finale del prodotto. Certo sarebbe molto peggio se la Germania mettesse i dazi, visto che metà del nostro export finisce là. La Cina per noi rappresenta un mercato agli inizi, ci rallenta nel nostro percorso di crescita, ma non ci spaventa. In Italia nel 2024 abbiamo prodotto 28 milioni di bottiglie, 21 milioni dei quali rimasti in Italia e 7,5 milioni venduti all’estero, gran parte in Europa». —

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