Il distretto calzaturiero del Brenta guarda al futuro: in nove anni raddoppiati i ricavi
Nuove competenze, aggregazioni, redditività: un’analisi su 104 imprese mostra come le manifatture venete reagiscano al momento difficile della moda

«Il mercato della moda è in sofferenza ma il settore della calzatura veneta ha i mezzi per agganciare una futura ripresa quando il ciclo economico sarà più favorevole». A dirlo Paolo Masotti, il ceo di Adacta Advisory, società di consulenza con alle spalle 25 anni di esperienza nella consulenza strategica per le imprese e autrice di uno studio approfondito sul sistema della calzatura del Veneto, relaizzato per ilNordest Economia. Un report che ha analizzato i bilanci di 104 società dell’area del distretto del Brenta con ricavi superiori al milione di euro e selezionato, in tutta la Regione, i 10 top player valutandone le performance.
Il risultato è un quadro, fino al 2023, di piena solidità con il sistema distrettuale capace di duplicare i propri ricavi in 9 anni: nel 2015 i ricavi aggregati delle imprese della calzatura del Brenta ammontavano a complessivamente 725 milioni di euro, nel 2023 avevano raggiunto i 1,38 miliardi. Nel frattempo le marginalità del settore (ricavata dall’ebit margin, utile al lordo degli interessi passivi e delle imposte in rapporto al fatturato) cresceva dal 6,2% all’8,7%.
In questi 9 anni i ricavi medi per azienda sono passati da 8,3 a 13,3 milioni a fronte di un percorso di concentrazione delle imprese del settore, ancora in corso, che ha dato i suoi frutti anche in questi anni: di fatto i primi 10 operatori del distretto nel 2015 realizzavano circa il 64% dei ricavi complessivi, nel 2023 questa percentuale era salita al 70%.
Una trasformazione profonda
«Un settore come la produzione di calzature è considerato sostanzialmente labor intensive», spiega Masotti, «il costo del lavoro incide in maniera significativa sui costi di produzione mentre le immobilizzazioni materiali e immateriali, macchinari, tecnologie, brevetti e knowhow, sono meno significativi. Una descrizione come questa avrebbe fatto pensare ad un settore produttivo che poteva prendere la via della delocalizzazione.
Per il distretto veneto della scarpa e per quello della Riviera del Brenta in particolare non è stato affatto così, anzi. Si è assistito invece ad una profonda trasformazione delle imprese. Queste hanno saputo posizionarsi in un segmento del lusso che ha trainato i mercati per lunghi anni, salvo la battuta d’arresto a cui assistiamo da circa un anno e mezzo e che rischia di far scontare al settore un calo dei ricavi pari a circa il 15% nel solo 2024, a cui si prevede si potrà aggiungere un’ulteriore flessione in questo 2025.
Il distretto ha saputo comunque agganciare i nuovi trend, raddoppiare i ricavi in soli 9 anni, crescere nella profittabilità. Nel contempo è stato capace di portarsi su livelli di indebitamento mediamente molto bassi: il rapporto medio tra posizione finanziaria netta e l’ebitda è pari a 0,48, quello con il patrimonio netto è di 0,02».
Il gap di prezzo in negozio
E se è vero che l’ingresso di Luis Vuitton nel distretto può avere modificato alcuni degli indicatori, come nel caso del tasso di concentrazione delle imprese (Manifacture de souliers Luis Vuitton e Rossimoda da sole registravano ricavi aggregati per 595 milioni di euro, quasi la metà dell’intero distretto), è vero pure che in termini di crescita della profittabilità, la crescita dell’ebit margin (tra 2015 e 2023) è addirittura più sostenuta se si escludono le due manifatture Lvmh: l’indicatore passa in questo caso dal 5,7% del 2015 (incluso Lvmh era al 6,2%) al 9,1% del 2023 (con Lvmh era l’8,7%).
Ma non bisogna farsi ingannare dalle cifre: i valori produttivi delle manifatture Lvmh sono significativamente inferiori rispetto al valore della vendita di quelle stesse calzature al cliente finale tramite la rete di vendita diretta o indiretta tramite gli altri negozi del colosso parigino. Un vantaggio ulteriore che poche o nessuna impresa del distretto può vantare.
In effetti nel Brenta solo quattro imprese su dieci possiedono un marchio proprio (per non parlare di una rete di distribuzione e vendita). Tra questa, oltre a Lvmh, solo Nillab, (il terzo gruppo della top ten locale dopo Calzaturificio Neri che un marchio proprio non ce l’ha), René Caovilla, Maspica (che però fa scarpe da lavoro) e Phippe Model.
Le altre portano avanti la tradizione, tipica del territorio, del lavoro conto terzi. Una tradizione che ha dato tanto al tessuto economico locale ma che espone a fluttuazioni più significative negli ordinativi e alla necessità di adattarsi a cambi di trend senza poterne essere per lo meno in parte protagonisti.
L’ingresso dei fondi
«In linea generale chi raggiunge un fatturato superiore ai 50 milioni», continua il ceo di Adacta Advisory, «può aspirare, in termini organizzativi e di mezzi economici, allo sviluppo di un proprio marchio. Lo dimostra una seconda parte del nostro report, che guarda ai 10 top player veneti: tutti questi, a partire da Geox e per finire con M.G.M, passando per Tecnica, Golden Goose, Diadora, Grisport, Scarpa e così via, hanno un marchio proprio e in alcuni casi anche una rete di vendita autonoma a marchio».
Ma se la questione delle dimensioni si conferma strategica, il Brenta ha visto negli anni una crescita anche delle operazioni di fusione e acquisizione. «Iniziative come il Politecnico Calzaturiero e ora la nuova Rir Face Design», spiega Daniele Salmaso di Salmaso Venezia, «vanno nella direzione di fare squadra per fare fronte alle sfide.
Nel frattempo, il fenomeno delle aggregazioni esiste ma si verifica più facilmente come conseguenza della vendita ad una società terza, spesso un private equity, piuttosto che come processo di aggregazione tra competitor locali. Nel nostro settore, infatti, le aziende sono parte di una tradizione familiare di lungo corso e diventa più difficile procedere con aggregazioni tra pari».
Un altro fattore che contribuisce a facilitare l’ingresso dei fondi è quello del passaggio generazionale: anche nel Brenta la sfida degli eredi è forte e la vendita dell’azienda di famiglia ad un player solido, managerializzato e liquido è spesso più facile delle soluzioni alternative. Adacta Advisory, nel suo report, ha registrato le principali operazioni di acquisizione tra 2014 e 2025. La gran parte di queste vedono in effetti tra i protagonisti noti player dell’equity finanziario: uno tra tutti Palladio Holding che, tramite la partecipazione nella Nice Footwear fondata da Bruno Conterno, è stato protagonista in ben 5 delle 8 operazioni registrate tra 2022 e 2025.
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